Il vino “irlandese”

Seconda puntata del nostro viaggio in Irlanda con Lucia Galasso di Antrocom, antropologa alimentare.

Il vino irlandese

Indubbiamente l’Irlanda è famosa per i suoi pub e le sue birre eppure, con mio stupore, ha molto da raccontare sul vino. L’ho scoperto visitando la bella cittadina di Kinsale, nella contea di Cork.

A portarmi qui la sua meritata fama gastronomica e il Desmond Castle, sede del museo internazionale del vino. Sì, avete letto bene, del vino.

Anche io leggendo di questo museo sono rimasta un po’ perplessa: l’Irlanda, infatti è un paese che non produce vino, eppure grazie a questo museo, ho scoperto che ha un’antica tradizione, vecchia più di 2000 anni, legata a questa bevanda.

Il vino dei Celti

Sicuramente era presente, in qualità di tributo, ancor prima dell’arrivo di San Patrizio. A inviarlo alle corti irlandesi furono per primi i Menapi, una tribù celtica stanziata nella Gallia Belgica.

Lo stesso San Patrizio, poi, scrive nel 433 d.C. che entrando nella grande sala dei banchetti di Tara incontrò re Laoghaire che festeggiava insieme ad altri re, principi e druidi mangiando e bevendo vino.

Con l’espansione del cristianesimo in terra irlandese arriva anche il consumo di vino in quanto necessario per poter celebrare la messa. La maggior parte del quale veniva importato dalla Francia, anche se sembra ormai confermato che la comunità monastica cistercense di Jerpoint lo producesse localmente.

I monasteri furono centri cruciali per il commercio irlandese dal V al VII secolo: Clonmacnoise, per esempio, aveva legami con monasteri francesi e importava il vino da lì. I missionari irlandesi che fondarono conventi in Europa giocarono un ruolo importantissimo nello sviluppo della viticoltura monastica. Quando San Colombo fu esiliato dalla Gallia, nel VII secolo, si rifugiò a Nantes, luogo frequentato da mercanti irlandesi, che gli donarono, tra i tanti regali, ben 5200 galloni di vino.

L’arrivo dei Vichinghi in Irlanda, intorno al IX secolo, porta alla fondazione dei porti di Dublino, Cork, Limerick, Wexford e Waterford. Prima che feroci guerrieri, i vichinghi furono grandi mercanti marittimi. Grandi commercianti, fondarono centri nella regione della Valle della Loira, rinomata per i suoi vini, che finirono presto per essere esportati in gran quantità in Irlanda.

Un periodo, questo, in cui esisteva ancora il sistema del tributo per avere il permesso di commerciare. In virtù del quale si narra che il re Brian Boru ricevette 3 volte 50 tini di vino dai vichinghi di Dublino e 252 galloni di vino, per ogni giorno dell’anno, dai vichinghi di Limerick.

In un poema del IX secolo, un bardo di Brian Boru così si lamenta: “Dove sono i nobili figli di re con i quali insieme bevevamo vino in questa sala?”.

Nel 1152, Enrico Plantageneto sposa Eleonora di Aquitania la cui dote era costituita dalla maggior parte delle regioni vinicole della Francia occidentale. Due anni dopo, durante il suo regno come Enrico II, l’importazione del vino dalla Guascogna e in particolare da Bordeaux assume una grande rilevanza.

Nel momento in cui si affacciano i Normanni nella storia dell’Irlanda, il commercio principale del paese era costituito dal vino, sempre più francese. Sebbene il XIII secolo veda l’Irlanda sotto l’influenza normanna e dei ricchi mercanti italiani, si presenta una nuova e fiorente opportunità legata al commercio del vino. Il paese si trasforma in un luogo di stoccaggio del vino a beneficio dei Normanni, delle spedizioni reali e della nobiltà gaelica.

Nel XVI secolo si consolida ancora di più il commercio del vino ma con una nuova problematica: il contrabbando. Un commercio così intenso, prestigioso e ricco viene subito preso di mira dalle sempre più povere finanze reali che iniziano a tassarlo: pesanti dazi vengono imposti su tutto il vino proveniente dall’Europa. Questa decisione viene accolta con sgomento da tutti, specialmente dai mercanti che vedono più che dimezzato il loro giro d’affari. Inizia così una vera e propria epidemia di contrabbando. Alla quale si pone rimedio solo nel 1569, ad opera della Corona stessa, che dichiara il commercio del vino libero in vari porti del paese. Ma l’aspetto più interessante è che a inizio del XVII secolo i mercanti irlandesi spostano sempre più il baricentro del loro affari a Bordeaux, aprendo la porta, a fine secolo, all’epoca d’oro del vino in Irlanda.

La diaspora e il vino: il vino irlandese anche in Italia

È nella regione del Bordeaux, tra Settecento e Ottocento infatti, che trova asilo (per varie ragioni), il fiore della gioventù nobile e mercantile irlandese.

Sono quelli che Ted Murphy (dal cui libro ho tratto la maggior parte delle notizie che qui riporto) definisce “Winegeese“, ovvero le famiglie irlandesi che emigrano in Francia e si danno in vari modi alla viticoltura, contribuendo di fatto a dare vita a quel ricco patrimonio vitivinicolo che è l’orgoglio della Francia e che non sarebbe stato lo stesso senza gli irlandesi.

Solo nel Bordeaux ci sono quattordici chateaux, dieci strade, una cantina sociale e un monumento pubblico che hanno un nome irlandese. Un esempio? Chateau Leonville_Barton, Chateau Siran, Chateau Maccarthy-Moula, Chateau Pape Clemont, Chateau Lascombes, Chateau de La Ligne, Chateau de Fieuzal… E tanti altri, con tutte le loro preziose etichette.

Una diaspora, quella irlandese, che sappiamo bene porterà gli irlandesi in tutto il mondo, insieme al loro amore per vino, tanto da trovarli nel vecchio e nel nuovo mondo, a dare vita a nuove vigne e nuovi vini: America, Australia, Africa, Cile… Ogni paese ha una storia legata agli irlandesi e alla fondazione di vigne… Anche in Italia, dove le etichette Montecalvi e San Colombano hanno origini irlandesi.

Questa storia che gli irlandesi intessono con il vino, e il suo commercio, è una delle gemme più belle della loro diaspora, ancora tutta da scoprire… E già così lascia a bocca aperta.

About QRob

Massimiliano "Q-ROB" Roveri writes on and about Internet since 1997. A philosopher lent to the IT world blogs, shares (and teaches how to blog and share) between Ireland and Italy.

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