Vi racconto il mio ‘Aritmie d’Irlanda’: capitolo IV – Mabon

Lughnasadh. Una festa per aggregare, unire. Un tempo ci si riuniva per ringraziare per l’abbondanza del raccolto o per chiedere un raccolto migliore per l’anno successivo.
Uno degli intenti di Sara era proprio quello di unire e far parte di una famiglia a lei sconosciuta. Sono ormai lontane la paura per il viaggio e la timidezza iniziale.

È grata per l’ospitalità trovata e per la disponibilità dimostrata dai suoi parenti nel raccontarle le loro storie personali.

Come un tempo si chiedeva agli dei di avere un raccolto migliore, Sara si ritrova dopo tanto tempo a pregare e a desiderare nuovamente nel giardino dedicato a Santa Brigida, a Kildare.

«Preghiere e desideri» sussurro anch’io. E per la prima volta dopo tanto tempo mi ritrovo a pregare e a desiderare. L’unico suono presente è quello di un timido vento che muove le foglie degli alberi. Anche lui, come noi, cerca di ridurre al minimo il rumore. Mentre ci incamminiamo verso il camper in religioso silenzio, mi sento come se avessi messo tutti i miei desideri in una scatola e li avessi lasciati lì. Come se avessi lasciato che quel posto li custodisse per me, li realizzasse per me. Trovo Gatto acciambellato sul sedile del passeggero. Mi guarda e miagola come per chiedermi cosa c’è che non va. Lo accarezzo per un po’ e lui, quando si sente soddisfatto, mi lascia il posto e si dirige verso il divano.

Siamo quasi alla fine del viaggio, quasi alla fine dell’anno. È il periodo dell’equinozio d’autunno, Mabon, periodo di bilanciamento in cui sappiamo cosa abbiamo seminato durante l’anno e cosa abbiamo raccolto.

Tornata da Nonna Deirdre per un ultimo saluto, Sara “tira le somme del suo raccolto”.

Dopo cena mi stendo sul letto. Entrare in questa stanza non mi provoca le stesse sensazioni della prima volta. L’emozione è meno intensa ma comunque presente. Sono… tranquilla e ripensando alla mia particolare famiglia, sorrido. Ho fretta. Voglio tornare a casa per condividere con mio padre e con Daiana tutto quello che ho assimilato durante questo viaggio e raccontare loro dei miei incontri. No, non sono sola. Non sono sola in questa lotta, siamo in molti a dover rimanere vigili. Sento una responsabilità verso di me e verso chi ho incontrato. Il comprendere meglio questa malattia è di aiuto non solo a me ma anche agli altri. Non basta avere un paracadute, bisogna anche imparare a piegarlo correttamente in caso lo si debba aprire. Ci si deve allenare per un eventuale lancio.

Ma non è ancora finita, perché il suo viaggio, il suo anno, terminerà con un dono, con un ultimo racconto e con la voce di Nonna Deirdre, la stessa voce che all’inizio aveva smosso qualcosa dentro di lei.

“Quella voce si aggancia ad un ricordo dentro di me e prende vita.”

Non mi resta che salutarvi ed augurarvi una buona lettura!

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