Sì, c’ero anch’io al mitico San Patrizio Livorno Festival 2019, all’ex Cinema Aurora. E non come semplice spettatrice.
Vi chiederete cosa ci facesse una pedalatrice italiana non proprio di giovane età ad un festival di letteratura e cultura irlandese.
Promosso da Q-ROB e “Creative HQ”, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Irlanda, Culture Ireland ed il Comune di Livorno, il Festival è tornato per il secondo anno consecutivo con un programma molto ricco di appuntamenti non soltanto legati alla letteratura, ma anche alla musica, al teatro e alla… bicicletta.
Ecco, la mia amata bicicletta, che mi ha portato a scoprire, fotografare e raccontare parte dell’Irlanda (da est a ovest, pedalando nelle isole Aran e nel Connemara), mi ha reso parte attiva al Festival, anche come esponente di Fiab Livorno.
Certo, mi intimoriva la presenza di tre scrittori di rilevanza internazionale come Catherine Dunne, l’autrice irlandese più letta in Italia, nonché madrina del Festival, John Banville uno dei più importanti scrittori dell’isola di smeraldo e candidato al Nobel per la letteratura e l’italiano Marco Vichi.
Beh, a farmi sentire piccola piccola – come non dirlo? – erano soprattutto John Banville e Catherine Dunne.
Come potevano le mie foto dell’Irlanda, ma soprattutto il mio racconto Un maglione verde Irlanda, seppur letto magnificamente dall’attore Claudio Monteleone, ricevere attenzione?
Il tutto in un contesto dove venivano presentati, fra le altre cose, anche due racconti inediti dei due grandi autori irlandesi.
Banville, tra l’altro, mi aveva già conquistata con il romanzo L’invenzione del passato, il cui protagonista Axel Vander costruisce sé e la propria identità ispirandosi liberamente all’insegnamento di Nietzsche.
A Livorno c’è l’ha confermato il giovane e preparato filosofo cittadino Simone Farinella, intervenendo sul tema, proprio davanti a John Banville.
Pensavo alla minuziosa descrizione dello scrittore anglosassone di Torino, la città piena di portici (non a caso il titolo originale è Shroud, un chiaro riferimento alla Sindone) dove Alex Vander rivive tutta la propria storia.
E proprio lì, all’interno dell’ex cinema Aurora, mi ritornavano in mente la prosa chiara e ordinata e i personaggi sfaccettati e complessi di Catherine Dunne e mi chiedevo, con timore, se le mie immagini e il mio racconto dell’Irlanda avessero potuto davvero interessare qualcuno.
Il tutto mentre lo scrittore italo-irlandese Max O’Rover e l’attore livornese Claudio Monteleoni, con letture di Samuel Beckett e Flann O’Brien, mettevano in evidenza tutti gli spunti che la bicicletta ha regalato alla letteratura irlandese.
Ma ogni pensiero che le mie due ruote non fossero all’altezza del Festival, che fossi una specie di piccola intrusa catapultata tra i grandi della letteratura, si è sciolto in una pinta di birra ed è scomparso con la musica trascinante dei The Fireplaces.
Da ciclista, mi sono detta che l’importante è aver partecipato: essere stata al cospetto di scrittori come John Banville e Catherine Dunne è stata già una vittoria.
Viva l’Irlanda, allora.
E la bicicletta, che unisce tutti i popoli della terra!
Foto: UphoStudio