Un occhio Irlandese: Enda Cavanagh

Siamo felicissimi, e orgogliosi, di pubblicare l’intervista con Enda.
Enda Cavanagh è un fotografo paesaggista e architettonico 
irlandese. IPPA/RSA Fotografo dell’anno con l’immagine Sands in Motion, the PigeonHouse nel 2010, e Fotografo architettonico dell’anno nel 2011, nel 2010 ha pubblicato il suo (favoloso) primo libro, Exploring The Irish Landscape.

Ciao Enda, e grazie per l’intervista!
Iniziando da te: nella tua biografia leggiamo: “Enda è cresciuto nell’Irlanda rurale e ha sempre sentito una forte connessione con la terra”. Nei nostri dodici anni di lavoro sul tentativo di comprendere la cultura irlandese per certo abbiamo imparato una cosa: quanto sia importante, e forte, tale connessione. Si tratta di un punto di riferimento per gli scrittori, per gli autori di canzoni, e anche per il tuo lavoro (o almeno in gran parte di esso): perché, secondo te? Naturalmente l’Irlanda è un’isola, ma con questo rischia di essere anche una realtà isolata? E se tu dovessi affrontare paesaggi diversi in Paesi diversi, che cosa dovresti cambiare nel tuo approccio?

So soltanto di avere una forte, istintiva comprensione del paesaggio irlandese. Sono stato cresciuto nelle campagne lungo l’Atlantico a Skreen, Contea di Sligo, e naturalmente conosci meglio ciò che conosci per primo. Mi sento più connesso alla terra quando sono ‘nel’ paesaggio, soprattutto in vicinanza del mare. Una sensazione che si estende anche a certe situazioni urbane, di cui ci sono esempi anche nel libro: queste strutture umane solitarie, che lasciano stillare la loro personalità sinergizzando con l’ambiente naturale circostante. Quello che amo del paesaggio irlandese è il fatto che, anche se l’Irlanda è piccola, ha una grande varietà e bellezza. Grazie alla scarsa popolazione puoi fuggire dal trambusto semplicemente prendendo l’auto e guidando per un po’. Vivo a Dun Laoghaire, alla periferia sud di Dublino, e sono ad appena quaranta minuti dalle Wicklow mountains. Avere una relazione stretta con il paesaggio è facile perché è così accessibile, non ti fa sentire come un parente alla lontana. Quando ti identifichi con il soggetto e sviluppi una comprensione di esso, allora puoi fare davvero delle belle foto, non importa se nel tuo Paese o in qualsiasi altro posto. Fotografo in base all’istinto, non in base a una decisione: quando sento la connessione giusta il processo diventa praticamente molto naturale.

Vuoi parlarci dell’Enda ragazzino, che bighellonava per ‘l’Irlanda rurale’ con la sua prima macchinetta fotografica?

Avevo circa 13 anni quando ho iniziato a scattare. Avevo una semplicissima compatta Halina, regalatami da mio zio Paddy per Natale. Mi innamorai della fotografia immediatamente. Cominciai fotografando familiari, amici, momenti di vita. Adoro ancora quei reportage così discreti in cui eccelle Don McCurry, uno dei miei fotografi preferiti. Le mie foto trasmettono un senso del luogo, di calma e di pace, a prescindere dalla scena: le sue immagini trasmettono lo stesso messaggio. Sicuramente è uno dei pochi fotografi che ha influenzato la mia interpretazione della fotografia. Un paio d’anni dopo comprai una Canon T50, ma non fu una buona idea perché non aveva controlli manuali, a 18 anni comprai la mia prima reflex completamente manuale. Era una Minolta 7000i, con lenti 28-70 e 70-210mm. Presto scoprii che per me il mondo è in visione panoramica. Penso che dipenda dal fatto che ho una grande attenzione per ciò che vedo con la mia visione periferica. Così migliorai moltissimo come fotografo assorbendo informazioni come una spugna, sia sul fronte tecnico sia su quello creativo. Un processo di apprendimento che è come una costante scossa di adrenalina che ti spinge a migliorare sempre e sempre. Un’urgenza che ho ancora oggi, una delle ragioni principali per cui la fotografia è per me così eccitante. Dopo alcune Minoltas passai al medio formato con una Mamiya 7 rangefinder, e al digitale con una Hasselblad H3D 39 e un banco ottico Cambo Wide DS che mi ha aperto un intero nuovo mondo. Con il banco ottico tutto si rallenta e ti fa veramente guardare la scena. Fotografo le panoramiche unendo due immagini. Puoi solo immaginare il risultato finale perché non vedi l’immagine finché non hai unito le due. Potrebbe dare l’impressione che sono pretenzioso, ma onestamente non riesco ad apprezzare e interpretare completamente la scena a una velocità maggiore, come con una reflex 35mm.

Immagini architettoniche, immagini paesaggistiche, e… immagini della ‘Cara, Sporca Dublino’: come affronti questi tre differenti aspetti del tuo lavoro? Come passi dall’uno all’altro, e ci sono casi in cui vuoi, o devi, ‘mescolare’ approcci differenti? E come ti relazioni, se ti relazioni, con una cultura che, nella musica e nella scrittura, è correlata alla terra da centinaia di anni?

Enda Cavanagh: Dune Grass, The Pigeon House 1
Enda Cavanagh: Dune Grass, The Pigeon House 1

In realtà non interpreto la scena diversamente nelle varie branche del mio lavoro. Guardo agli oggetti come forme. Cerco forme che si relazionino, che ‘collaborino’: indipendentemente dal fatto che si tratti di architettura, o di un paesaggio naturale, o urbano. Guardo a un muro di pietra antico con lo stesso occhio con cui vedo un albero o un elemento di architettura moderna: le forme devono relazionarsi tra loro. In ogni scena c’è un punto, un luogo in cui tutte queste forme si uniscono, in perfetta armonia l’una con l’altra. Avere lavorato nell’architettura per 16 anni, e la grande passione per il design ha influenzato pesantemente la mia fotografia, sia paesaggistica sia architettonica, così come del resto la mia fotografia paesaggistica ha influenzato quella urbana e architettonica in termini di strutture umane perfettamente integrate nel loro contesto ambientale. E senza dubbio il mio lavoro sui paesaggi rurali e urbani è in relazione al nostro retaggio culturale. trovo che gli Irlandesi siano un po’ caotici, ed emotivi, talvolta. E un po’ malinconici. Ma hanno anche una grande, calorosa anima. Sono le stesse caratteristiche che colgo nel paesaggio irlandese e che cerco di trasmettere nelle mie foto, si tratti di una vecchia aiuto abbandonata nelle acque del Lough Easkey o di un vecchio muro su Black Head nel Burren.

Quali analogie e differenze trovi tra il tuo medium e altri media come musica e scrittura nel ‘catturare l’Irlanda’?

Enda Cavanagh: Busker, Merchants Arch
Enda Cavanagh: Busker, Merchants Arch

Credo che il mio approccio alla fotografia sia piuttosto diverso da quello di molti fotografi paesaggisti, che spesso hanno un approccio alla scena ‘da cartolina’. Cerco di non essere influenzato dagli altri fotografi e se influenze ci sono è più una coincidenza. Per esempio amo la scena della vecchia busta trascinata dal vento in American Beauty: è una di quelle cose che mi ha aperto gli occhi sul fatto che la bellezza è attorno a noi sia in senso classico sia in modo non convenzionale. Credo che si possa davvero catturare la reale essenza del tuo soggetto. Terrence Malick è un altro mio ‘eroe’per lo stesso motivo. Quando scatto mi concentro sul mio stile e sull’interpretazione del soggetto. In questo modo mi sembra di essere onesto nei miei stessi confronti e c’è un grande senso di gioia nel catturare dal nulla qualcosa di bello. Non penso mai ok, farò così perché il signor ‘X’ ha fatto così: infatti è spesso la ragione per cui finisco per agire in modo esattamente opposto!

Nell’introduzione del libro Shane Conneelly parla di “un Paese in cui siamo sempre parte della scena”: sei d’accordo con lui, pensi davvero che il popolo irlandese sia ancora legato al territorio? L’Irlanda è anche il Paese della questione del gasdotto del Corrib e del mancato rispetto dell’EU Environmental Impact Assessment

Enda Cavanagh: Against the Flow
Enda Cavanagh: Against the Flow

Penso che proprio l’enorme grido di protesta causato dalla questione del gasdotto dimostri il nostro rapporto con il paesaggio irlandese. In Irlanda percepiamo davvero tutta la sua importanza. Fa parte della nostra società e della nostra anima: non abbiamo Roma o Parigi, Dublino non è una bella città: il nostro bellissimo paesaggio è la nostra Roma.

Passando dall’introduzione all’interno del libro: quando hai deciso di trarre un libro dalle tue foto paesaggistiche? Quanto lavoro è ‘distillato’ nel libro? Come hai selezionato le foto, e quanto tempo hai impiegato per ‘catturare’ così tanta Irlanda? E… Come è andata con la pioggia? ;-) Sei stato di nuovo nei luoghi fotografati nel libro, e in quei luoghi hai trovato qualcosa di più, qualcosa di diverso? Ci sono foto che avresti voluto ma non compaiono nel libro?

Enda Cavanagh: Field of Rock, the Burren 2
Enda Cavanagh: Field of Rock, the Burren 2

Il ‘seme’ dell’idea del libro ha cominciato a crescere 3 anni fa. Come molti altri fotografi avevo il sogno di pubblicare un mio libro: è un ottimo modo di promuovere il proprio lavoro. In questa era del digitale ci sono in giro molti più fotografi e questo ha permesso di far conoscere il mio lavoro a un pubblico più vasto. Nel libro ci sono molte delle immagini che preferisco, e credo proprio che ci sia gran parte del mio lavoro migliore. Solo che dovrò pubblicare un altro libro in futuro! Ma considerando che nel primo libro ci sono foto che risalgono al 1997 probabilmente ci vorrà un po’ di tempo… Ho deciso di fare tutto da solo, con l’aiuto di Zofi, che è da pochissimo mia moglie. Non ho cercato un editore: volevo il controllo completo sul contenuto, sul design e sulla qualità del libro. Tutto ciò poteva essere difficile per un autore alla prima uscita. Volevo anche che il libro venisse stampato in Irlanda, cosa che con un editore sarebbe stata probabilmente impossibile. Ho deciso istintivamente quali sarebbero state le foto da usare. Molte di esse sono in vendita sul mio sito: so che sono le mie preferite!
La pioggia? In fondo non è il problema che magari la gente si immagina. Non accade così spesso che piova ininterrottamente per tutto il giorno. E qualche volta la pioggia porta delle buone occasioni di scatto, per esempio in bianco e nero. La mia nemesi è il bianco nuvola: con quello c’è poco da fare. Ci sono luoghi che non visito da molto, il Kerry per esempio è in cima alla lista. So di essere migliorato come fotografo e sarebbe bello scattare con la nuova combinazione Hasselblad/Cambo. Sono soddisfatto della selezione di foto: non cercavo delle immagini ‘tappabuchi’ per il libro, che è di grande formato e non sovradimensionato: le foto sono 83, tutte a pagina intera; le panoramiche occupano due pagine intere. Il mio scopo era di dare al lettore l’impressione di essere completamente ‘riempito’ dal libro: spero di averlo raggiunto.

Nel 2011 la terza versione del concorso di beneficenza ‘Italish Stories’ è stata anche fotografica: vuoi dare qualche suggerimento a chi volesse cimentarsi nel fotografare l’Irlanda per la prossima edizione del concorso?

Enda Cavanagh: Guinness Storehouse, Kilmainham 1
Enda Cavanagh: Guinness Storehouse, Kilmainham 1

Il mio suggerimento per scattare qualsiasi foto è di entrare in relazione con il soggetto... Deve far parte di te, devi sentirtelo sotto la pelle. Tutto diventerà naturale e tu stesso ti accorgerai che sta funzionando. Devi solo guardarti intorno: talvolta le foto più belle hanno come soggetto una sciocchezza. E NON AVERE MAI PAURA DI TENTARE QUALCOSA DI DIVERSO! Essere conformista è la cosa peggiore che tu possa fare!

Hai dei libri o della musica da consigliare che diano la sensazione di ‘vedere’ l’Irlanda?

Enda Cavanagh: Curious Sheep, Connemara
Enda Cavanagh: Curious Sheep, Connemara

Per dire la verità ho letto ben poco. Forse l’ultimo libro risale a 12 anni fa! sono una persona che apprezza troppo il lato visuale. Però c’è un film che raccomanderei che mostra l’Irlanda così come io la vedo: La Figlia di Ryan, che cattura veramente la ruvida bellezza della penisola di Dingle, probabilmente il mio posto preferito nel Paese.

Contatti, e dove acquistare Exploring the Irish Landscape:

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Massimiliano "Q-ROB" Roveri writes on and about Internet since 1997. A philosopher lent to the IT world blogs, shares (and teaches how to blog and share) between Ireland and Italy.

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