Derry – Irlanda del nord
30 gennaio 1972
Ore 13:45
FIGLIO a torso nudo nella sua camera, rovista freneticamente tra i vestiti. Bandiere americane e poster giganti sulle pareti.
“Ma’, MAAAA’. Dov’è la maglietta?”
“Quale maglietta?”
“La maglietta, ma’. La maglietta!”
MADRE, in cucina, va verso la finestra, ritira una maglietta appesa ad asciugare, la tasta con le mani e con la guancia.
“Eccola, tieni.”
MADRE gli porge la maglietta ridacchiando.
“Il tuo amico drogatello…”
FIGLIO la prende e dà un piccolo buffetto sulla fronte a MADRE.
“Macché drogati. I musicisti, quelli veri! Quelli americani.”
“E adesso dove vai?”
“La marcia, ma’. Vado alla marcia.”
FIGLIO si mette la maglietta. La scritta “DOORS” ad arco sulla schiena e un volto davanti. Poi si infila sopra il maglione.
“Sono almeno tre settimane che non vai alla messa, William.”
“Ci vado, ma’. Te lo prometto. Domenica prossima ti accompagno io. Io e te da soli.”
FIGLIO da un bacio sulla guancia a MADRE.
“Non andare, William. Hai sentito che ha detto tuo padre?”
“Che ha detto? Non devo andare alla messa?”
“Non scherzare. Hai capito benissimo. Alla marcia. Non devi andare alla marcia.”
“Devo, ma’. Devo andare. Che ci stia lui tutto il giorno al bar, a ubriacarsi e giocare a carte.”
“Non parlare così di tuo padre. Ha ragione, è pericoloso. Hanno chiamato i soldati.”
“Certo, sì, i soldati. Che vengano pure, quei servi bastardi. Lo vedranno che non siamo servi di nessuno.”
“Ho paura, William.”
FIGLIO si avvicina a MADRE. E’ più alto di lei. Le prende piano il viso tra le mani.
“Ti voglio bene, ma’.”
Una lacrima riga la guancia di MADRE.
“Non succederà niente, ma’. Promesso. Gli faremo capire che siamo uomini liberi, non possono metterci in galera così, senza nessuna colpa. Ma ti sembra giusto?”
“Ho paura di questo, William. Che vai di nuovo in carcere.”
“Ascolta, ma’: noi non siamo servi, i miei fratelli non saranno servi. E non voglio che anche tu lo sei. Dobbiamo ribellarci, e farci sentire, ma’. Una buona volta farci sentire. E tutti devono vedere. Dobbiamo sfondare il loro cazzo di mondo, entrarci dentro con le nostre idee, con la nostra pelle, le ossa; solo così lo abbatteremo. Non possiamo sempre e solo fuggire. Dobbiamo irrompere là dentro, abitare tutto ciò che è sempre stato nostro. Nostro! Mi capisci? Non se ne andranno mai, altrimenti. Non saremo mai liberi. Mai…”
FIGLIO mette naso contro naso, fronte contro fronte. MADRE si asciuga la lacrima con la mano, e la mano al grembiule. FIGLIO inizia a cantare a voce bassa e occhi chiusi, alzando la voce sempre di più a ogni strofa.
“Break on through to the other side… break on through to the other side… Dai ma’, canta. Canta.”
FIGLIO tiene il viso di MADRE tra le mani, entrambi con gli occhi chiusi; i nasi e le fronti che si toccano insieme.
FIGLIO ondeggia sui fianchi, il viso di MADRE tra le mani, e canta sempre più forte, a occhi chiusi.
“Break on through to the other side… break on through to the other side…”
FIGLIO prende MADRE in braccio e inizia a girare su sé stesso. Continua a cantare a squarciagola.
“Break on through to the other side… break on through to the other side…”
MADRE ride; le lacrime le rigano il viso.
“Smettila, scemo. Finiamo per terra.”
5 mesi dopo.
MADRE ha una bottiglia in mano. Cammina verso la finestra.
Beve.
Con una mano ritira la maglia appesa ad asciugare. La tasta con la guancia.
Beve ancora.
FIGLIA entra in casa.
“Mamma, ma che fai? Smettila. Adesso arriva papà.”
“…me ne frego.”
“Dai, mamma, per favore.”
MADRE beve un lungo sorso; sbatte la bottiglia sul tavolo e urla.
“Me ne frego di tuo padre…”
MADRE si toglie il grembiule freneticamente. Si toglie il vestito. Si toglie il reggiseno.
FIGLIA inizia a piangere.
Entra PADRE e rimane impietrito sulla porta a guardare MADRE, nuda, che prende la bottiglia e tira giù un altro sorso.
PADRE muove un passo verso MADRE.
MADRE mette la mano sul manico del coltello da cucina appoggiato sul tavolo, senza guardare né PADRE né FIGLIA.
PADRE si ferma.
MADRE beve e sbatte di nuovo la bottiglia sul tavolo. Mugola una melodia, immersa nei suoi pensieri. Prende la maglia e la apre davanti a sé.
Legge lentamente e sottovoce la scritta sul dorso:
“Do-ors… Do-ors…”
Sorride.
“… i drogatelli…”
MADRE stende con cura la maglia sul tavolo e passa delicatamente un dito sul foro tra le due “O”, sul contorno bruciato del foro, mordendosi le labbra.
Ci infila il dito dentro, sente il marmo freddo del tavolo sul polpastrello. Poi, sovrappensiero, con la testa inclinata su un lato, sottovoce, dice:
“Sfondare il loro mondo. Sì, tesoro… irromperci dentro… la pelle, le ossa… amore mio.”
MADRE si infila la maglia e prende la bottiglia in mano.
Cammina verso la finestra e beve.
E canta piano:
“Break on through to the other side… break on through to the other side… break on through to the other side…”
Linguaggio scorrevole,entusiasmante un breve racconto che raccoglie emozioni forti e contrastanti di una possibile triste realta!i miei ossequi!bellissimo!
In due parole…UN GENIO!
molto interessante,e’una sceneggiatura,si vedono le immagini che vanno dritte al cuore
The other side bellissimo.
Che dire … semplicemente fantastico! Complimenti
deciso,spietato assolutamente vero!ottimo lavoro!I miei complimenti
Un’incridibile racconto…una fotografia messa in parole…splendido il dialogo..vero appassionante crudo!ottima scelta del linguaggio!
Mi piace molto THE OTHER SIDE.
Originale e scritto benissimo.