SPLF Flash Fiction Contest 2019 – Limerick, tra passato e presente

Limerick vista attraverso due viaggi: quello dei vichinghi che l’hanno fondata e quello di un odierno studente Erasmus

L’inverno era stato più lungo degli altri. Le provviste accumulate erano già esaurite e la nuova stagione non si profilava ancora sull’acqua del Vanern.

La lastra di ghiaccio restava spessa e dura, la caccia era misera e la pesca, in quelle condizioni, lo era ancor di più. Quando la primavera finalmente si affacciò sulla punta degli abeti e un nuovo fremito si sparse nei boschi, alcuni anziani e bambini se ne erano già andati per la fame e il freddo.

Così parlò mio padre: “Figlio mio, questa terra basta a malapena a sfamare la nostra gente e gli inverni si fanno sempre più lunghi. Quando arriverà l’estate, dovrai sceglierti i compagni e prendere il mare.”

Cadevano i possenti tronchi delle foreste, cadevano e diventavano assi e paratie, mutavano in altri alberi pronti ad accogliere vele e a sfidare tempeste.

Arrivò dunque l’estate, un’estate passata tra precoci nostalgie e smanie di affrontare nuove avventure. Il drakkar era ormai pronto a cavalcare le onde e i venti.

Partimmo costeggiando le terre dei Germani, poi entrammo nel canale dove alcune delle nostre genti avevano già occupato territori e fondato altre patrie. Vedevamo le loro torri di guardia specchiarsi nell’acqua e a notte i loro fuochi brillare sugli spalti. Usciti dallo stretto, facemmo vela verso Nord-Ovest lasciando le coste della Britannia.

Dalla parte opposta c’era un’altra terra e vi facemmo vela sfruttando venti favorevoli.

Lì trovammo il largo estuario di un fiume e cominciammo a risalirne la corrente.

Ci incantava il verde intenso dei campi, il clima mite e quel fiume così dolce nel suo fluire; tanto diversa ci appariva quella terra dalla nostra, così fredda e avara.

Trovammo il punto giusto per fermarci, là dove un isolotto sorge al centro del fiume.

Qui abbiamo iniziato a costruire una città e l’abbiamo chiamata Limerick.

Non so cosa ci riserverà il futuro, so solo che adesso questa è la nostra casa…

… a Limerick non arrivai dal mare, ma dall’alto, con un volo Ryanair.

Anch’io vi giunsi portato da un sogno: dalla prima adolescenza scrivere e suonare la chitarra erano state il pane delle mie giornate e l’Irlanda ha sempre rappresentato per me la terra della musica e della poesia.

Per questo ho scelto l’università di Limerick per il mio progetto Erasmus.

L’università sorge nel verde di prati e boschi ai margini della città, lungo il corso dello Shannon, con il futuristico ponte a unire le varie facoltà dislocate tra le due sponde: luogo ideale per lo studio, per la pratica sportiva e per i rapporti sociali.

La vita del campus mi prese da subito e mi ci immersi fino in fondo.

Conobbi Laureen il terzo giorno al bar della Facoltà di Studi Umanistici.

Non era una che si notasse subito, non aveva la statura ad imporla, nè un corpo provocante, spiccavano però due occhi chiari dietro un paio di occhialini tondi che le conferivano un tono intellettuale. Mi colpì poi il suo modo di soppesare le parole come se dal loro uso dipendesse la sua identità e il suo manifestarsi nel mondo.

Limerick è un po’ come lei: a uno sguardo distratto non sembra abbia molto da offrire, non la vita spumeggiante di Dublino, non l’atmosfera da cartolina di Galway, nè i colori e il calore di Cork.

Ma ogni scoperta richiede impegno, attenzione e costanza.

Per diverso tempo non mi capitò più di incontrare Laureen in Facoltà.

Dopo le lezioni noi studenti ci aggregavamo in gruppi instabili: c’era chi si dedicava allo sport, chi allo shopping, chi preferiva l’atmosfera dei pubs o chi cercava di entrare nell’animus loci.

Io appartenevo a questi ultimi.

Avevo amato “Le ceneri di Angela”, restando affascinato dal misto di tristezza e humour che spirava in ogni sua pagina e decisi di partecipare a un tour organizzato per visitare i luoghi dove è stato ambientato il libro.

Quale non fu la mia sorpresa nello scoprire che la guida era proprio Sheila.

Restai di nuovo incantato dal suo modo di parlare, di gestire pause e intonazioni a sottolineare concetti o caratterizzare il suo racconto.

Alla fine del giro le feci i complimenti e la invitai a bere in un pub.

Mi parlò di lei e di come l’amore per la sua città e per il libro di McCourt le avessero dato il modo per mantenersi negli studi.

Da quel momento le nostre strade, da anonime e parallele, iniziarono a farsi convergenti e familiari, mentre la nostra storia prendeva velocità come le acque dello Shannon.

Successe qualche settimana più tardi, quando la invitai al White House Bar, un tipico locale dove si organizzano serate di poesia.

Arrivammo verso le nove.

Il locale era già pieno e la gente si affollava nei posti più disparati, ma soprattutto attorno al bancone del bar.

Ordinammo due birre e guadagnammo un angolo semi-libero.

Mezz’ora dopo Barney Sheehan, animatore del locale, presentò i poeti che sarebbero saliti sul palco e invitò i presenti a iscriversi all’Open Mic, momento in cui chiunque poteva proporre i propri testi.

Avevo già pensato a tutto e diedi anch’io il mio nome.

Nel reading dedicai i miei versi a Laureen, dando voce a tutto il mare di sentimenti che mi ribolliva dentro.

Quella stessa notte le nostre strade si sovrapposero nel buio di una stanza.

Non so, né mi importa, cosa mi riserverà il futuro, so solo che adesso Limerick e Laureen sono la mia casa…

About QRob

Massimiliano "Q-ROB" Roveri writes on and about Internet since 1997. A philosopher lent to the IT world blogs, shares (and teaches how to blog and share) between Ireland and Italy.

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