Qualche anno fa ebbi la fortunata occasione d’imbattermi nel Gazebo Musicale dell’Associazione Green Circle a Milano, e lì conobbi un’arpista veramente eclettica e dalla grande personalità: sto parlando di Rossana Monico.
Classe 1987, diplomatasi con ottimi voti al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano in fagotto, Rossana non è solo un’arpista specializzata nel repertorio celtico, tradizionale ed irlandese nel gruppo Green Circle, ha anche un cuore rock che oggi scopriremo insieme.
1. Ciao Rossana, benvenuta su Italish Magazine. Dall’arpa celtica dei Green Circle al power metal con i DragonHarp, beh, non si può certo dire che tu non abbia molti interessi. Ci vuoi parlare un po’ del tuo percorso musicale e di come ti sei avvicinata a generi così differenti?
Ciao Claudia, innanzitutto ti ringrazio di cuore per questa occasione.
La mia storia musicale è iniziata quando avevo circa undici anni. I miei fratelli ascoltavano un sacco di musica metal e celtica, e per casa giravano cd dei Manowar o degli Helloween tanto quanto quelli dei Túatha Dé Danann.
Andavo a scuola alternando nel lettore CD il canto urlato di Eric Adams all’arpa di Enrico Euron.
La mia passione per i due generi musicali è cresciuta anche al liceo del conservatorio.
Mentre studiavo la prassi esecutiva di Vivaldi non potevo fare a meno di associare la scrittura dei violini a certe sonorità dei Blind Guardian; a casa per divertirmi imparavo ad orecchio i classici dei Man O’War e quando vedevo dal vivo i miei gruppi preferiti immaginavo quanto potesse star bene un’arpa areografata con delle fiamme rosse su quello stesso palco.
Sia nella musica acustica che nel metal ho sempre trovato momenti davvero emozionanti e a volte simili: la sensazione che si prova a suonare in orchestra, specialmente se si esegue Wagner o Beethoven è impagabile; come lo stare sotto il palco, dopo essersi fatti magari qualche ora di attesa, e venire travolti da un muro di suono che ti scuote le costole.
Eppure sia in un genere che nell’altro trovi cose uniche: la ricerca della purezza del suono, quello vero, la ottieni solo con degli strumenti acustici; mentre un dialogo attivo e partecipativo tra musicisti e pubblico, l’ho visto solo ai concerti metal.
Diciamo che la musica acustica è introspettiva e il metal è più rivolto al pubblico.
Io ho sempre desiderato suonare metal per quell’atmosfera unica che si crea a metà tra la festa e il cameratismo militare, ma in molti mi dicevano che l’arpa e il metal non sono compatibili né affini. Inutile dire che non ci ho mai creduto.
Dopotutto l’arpa anticamente veniva portata anche in guerra, dai druidi che pregavano per il buon esito della battaglia, quindi questo strumento non è affatto dolce come lo si crede, ma sa essere aggressivo e potente.
Perché non metterlo alla prova? Perché non distorcere il suono o modificarlo con tecniche anche di mano diverse?
Ho sentito un fagottista che suonava jazz utilizzando il wah-wah, perché io no?
Dopo un paio di tentativi falliti ed aver scoperto che l’arpa acustica non è adatta per questo genere di cose, ho usato i miei risparmi di liceale per comprarmi l’arpa elettrica, a cui successivamente ho dovuto applicare per necessità dei led bianchi sotto la mensola.
Quello strumento non mi ha mai deluso, sia dal punto di vista meccanico che interpretativo: un suono magnifico e facile da modificare.
Certo, ho dovuto imparare ad usarlo perché ha dei bassi potentissimi e dei suoni molto lunghi, ed ho dovuto cambiare impostazione più volte per trovare quella giusta. Ma qui andiamo nei tecnicismi…
2. Io stessa ho suonato per un periodo l’arpa celtica in una band symphonic metal e condivido pienamente il tuo pensiero. Ma ci torneremo nel corso dell’intervista. Vorrei ora chiederti di parlarmi un attimo del Green Circle, gruppo acustico per arpe e voce che poi si è evoluto in una vera e propria associazione culturale atta a riscoprire l’antico mondo celtico. Le vostre attività spaziano dai concerti alle rievocazioni storiche…
Quando si dice “far di necessità virtù”… Il caso Green Circle ne è un valido esempio. Il gruppo è nato dallo scioglimento di un precedente ensemble di arpe, una divisione musicale che mi ha rattristato non poco: c’era un bel clima nel Triskell Ensemble, ma a volte le cose cambiano.
Così io e la mia collega Maria Assunta Romeo, assieme alla mia amica d’infanzia e cantante Silvia Verso abbiamo messo in piedi un gruppo nuovo e coperto i concerti già in programma. Con l’andare del tempo abbiamo capito che potevamo evolverci di più, così il progetto è cresciuto e si è aggiunto al gruppo Maurizio Fabbri, con idee e arrangiamenti in stile medievale e nel 2010 siamo entrati in sala d’incisione.
Già da qualche anno partecipavano al Busto Folk di Busto Arsizio con la prima bozza di quello che sarebbe diventato un nostro simbolo: il Gazebo Musicale.
Ci piaceva l’idea di far conoscere le arpe a chi non ne aveva mai toccata una e piaceva molto anche al pubblico.
Inoltre da sempre ho impostato i concerti presentando i brani con cenni storici o leggende, così il progetto, mentre cresceva, acquisiva l’identità di una ricerca, pur conservando la fantasia di creare immagini ed arrangiamenti originali ispirati dai brani stessi.
Ne è un esempio la “Danse Des Marées” presente nell’album “Strings”. Di ogni brano, oltre a cercare di renderlo unico, si cercano notizie e informazioni e le si divulgano.
Nel 2011, assieme a Nadia e Gianluigi, i miei genitori, abbiamo costituito l’Associazione Green Circle, puntando proprio sull’aspetto divulgativo di tutto quello che ruota intorno allo strumento principale, ossia l’arpa irlandese.
Sono nati corsi e collaborazioni, anche con insegnanti di rilievo come Tristan Le Govic, i concerti son diventati man mano più ricercati e ci sono stati alcuni via vai dei miei colleghi, come in ogni gruppo accade purtroppo.
Così, ho avuto l’occasione di collaborare con una mia collega della Celtic Harp Orchestra di Como, Antonella D’Apote, e la mia compagna di classe al liceo e arpista classica eccezionalmente brava, Dora Scapolatempore, oltre a Daniele Molteni e Azzurra Giudici che mi rimangono sempre nel cuore.
Assieme a Mattia Vierzi, inoltre, ho avuto modo di scoprire ed affinare la tecnica improvvisativa, nuova per me.
Abbiamo creato i Celto Jazz, mescolando la tradizione allo stile jazzistico e pubblicando “From Conception”, frutto di un intenso anno di lavoro.
Ora lo stampo dei soci musicisti è molto vivace e spigliato e gli eventi sono davvero variegati: oltre a prendere parte a rievocazioni storiche presso castelli e manifestazioni, accompagnando cortei in costume o suonando repertori studiati ad hoc, sia come scaletta che come interpretazione filologica, (partecipiamo spesso ai festival di musica tradizionale come Busto Folk e Insubria Festival); sia con i concerti sul palco che con il Gazebo Musicale, dove si tengono conferenze – concerto, session, lezioni e clinic di arpa e soprattutto dove il pubblico può provare delle arpe irlandesi con la certezza di essere seguito e di fare un’esperienza unica.
3. So che è da poco uscito il vostro ultimo cd, una raccolta di brani tradizionali irlandesi di cui avete curato gli arrangiamenti. Ci vuoi parlare della scelta dei brani e qual è la finalità di questo lavoro?
La scelta dei brani è stata inizialmente dettata dal gusto di ogni musicista.
Cercando di raccogliere le identità dei singoli musicisti si è creata una scaletta che mette insieme tutte le caratteristiche principali che definiscono la musica “Irish”: abbiamo le arie lente e canti malinconici, la musica di corte settecentesca, le canzoni da pub e i classici “set” da session.
C’è tutto: l’allegria, la festa, la danza, la nobiltà e la contemplazione, tipica dell’atmosfera irlandese di ogni tempo.
Anche storicamente le musiche vanno dal 1600 ai giorni nostri. La finalità era semplice: amiamo la musica Irlandese e celtica in generale, e amiamo suonare per gli altri: registrare un CD significa consentire a questi altri di continuare a sentirci quando vogliono e di portare con loro un pezzetto di noi.
Inoltre chi ci ascolta in concerto può conoscere la realtà dell’Associazione, che è in continua evoluzione, e chi conosce prima l’Associazione, magari attraverso i corsi o il Gazebo, può scoprire un gruppo di amici e musicisti che fanno buona musica, con professionalità e passione.
4. Taisteal, in Gaelico significa “mettersi in viaggio”, e per gli irlandesi il tema del viaggio è sempre stato sicuramente importante. Che senso ha per te questa parola? Come vivi il tema del viaggio anche in senso musicale?
Il viaggio è sempre stato IL tema.
Per tutti: dai poeti e scrittori Italiani, ai cantautori e pensatori di ogni tempo. La vita è un viaggio, è un’avventura, che porta con sé momenti belli e brutti. Si incontrano e perdono persone continuamente, come si colgono occasioni e altre scivolano via.
Come detto prima, sia nell’Associazione che fuori, ho cambiato tanti colleghi di lavoro che mi hanno dato tanto, i miei gruppi musicali si sono evoluti e si sono trasformati e i capitoli si aprono e chiudono.
Ora sono ad un nuovo capitolo della mia vita artistica: ho la fortuna di avere al fianco nuove e fresche leve della musica come Massimo Volonté e Mattia Bindi, musicisti rodati come Lucia Emmanueli e Ferdinando Piras, musicisti su cui si può sempre contare come Massimo Dal Bianco e Claudio Vismara, che è anche il mio ragazzo.
Mi sono messa in viaggio con tutti loro e l’idea è quella di arrivare sempre più in alto, spingendo il gruppo, l’Associazione e me stessa, ma senza mai smettere di godermi la compagnia dei colleghi, che sono anche amici, e della mia famiglia. Dal punto di vista musicale, invece, ogni volta che imparo un brano nuovo cerco di capirne il contesto storico e lo stile.
Per esempio io amo molto la musica di O’Carolan, che è vissuto a cavallo del 1700, e cerco di mescolare la prassi barocchista che mi hanno insegnato al conservatorio, per strumenti a fiato, al mio stile personale.
È a tutti gli effetti un viaggio indietro nel tempo, nelle corti irlandesi, dove gli abbellimenti tipicamente “irish” si mescolano alle dinamiche del barocco italiano.
Ma la musica per me è anche un viaggio introspettivo: ogni volta che mi metto a studiare diventa un’occasione per guardarmi dentro e migliorare, mi trovo davanti ai miei limiti e alle mie certezze e ogni volta c’è da spingersi un poco più in là per scoprire qualcosa di nuovo.
5. Abbiamo già parlato di arpa celtica su Italish, ma è la prima volta che si parla anche di rock e fantasy abbinati a questo strumento. Come sono nati i DragonHarp e quali tematiche vi influenzano nella creazione delle vostre musiche?
I DragonHarp sono nati da un mio sogno nel cassetto. Sono una metallara vecchio stile, che si emoziona a sentire una batteria che corre e il basso che ti entra nello stomaco e ho sempre desiderato stare su un palco metal, vedere il pubblico che salta e canta le tue canzoni.
Però son sempre stata un’arpista, ho sempre studiato musica antica e irlandese.
Io volevo suonare metal, così mi son detta: ok, suonerò metal con l’unico strumento che posso usare per farlo, l’arpa.
Il progetto è nato come un esperimento, cercando di capire come questo strumento potesse essere usato per replicare le sonorità del metal, dalle distorsioni alla potenza del basso, alla complessità delle tastiere.
Così, quando nel 2011 ho trovato Paolo Albergoni e Roberto Como, insieme abbiamo iniziato a comporre brani appositi, cercando il sistema giusto per dare risalto all’arpa senza renderla invadente. Col tempo, dopo un paio di cambi di line-up, Andrea Lentini e Nicole Maselli si sono uniti a noi e il gruppo è partito alla grande.
Le tematiche che ci ispirano di più al momento si rifanno al mondo fantasy, riprendendo per esempio “Game of Thrones”, con il nostro cavallo di battaglia “Queen of Dragons”, o “Il Signore degli Anelli”, ma anche a momenti storici particolarmente avvincenti come l’occupazione araba della Sicilia nel Medioevo ripresa in “Eternal Moon”, gli scontri tra Bizantini e Ostrogoti intorno al sesto secolo d.C. descritti in “Ironlfield”, oppure la riconquista spagnola nella seconda metà del medioevo contro gli arabi raccontata in “El Cid”.
6. So che state per rilasciare un nuovo EP: farà parte di un album in prossima uscita?
Al momento “Let the Dragon Fly” è un lavoro autonomo.
Nel senso che i brani presenti faranno sicuramente parte del nostro primo album, non posso però dire ora quando uscirà perché stiamo puntando molto sui live e sull’organizzazione del lavoro.
Abbiamo creato il sito internet www.dragonharpband.com e ci stiamo occupando del merchandise. Nel gruppo siamo perfezionisti e cerchiamo di non avere troppa fretta.
7. Quali sono i tuoi progetti futuri e su cosa vorresti concentrarti maggiormente?
Di progetti ne avrei tanti. Un punto fermo a cui vorrei arrivare a breve è l’apertura dell’Accademia dell’Associazione. Ci vuole tempo e tanta organizzazione, ma ci si arriverà.
Inoltre è il secondo anno che organizzerò, sempre con l’Associazione, il concerto “Lonely Nights”, che prevede una raccolta fondi da destinare alle organizzazioni per la prevenzione del suicidio.
La musica è un mezzo di comunicazione e un modo per stare insieme facendo qualcosa di bello. Ho pensato di usarla anche per fare del bene a chi, qui in Italia, ha bisogno di aiuto e comprensione.