Per le strade di Dublino: 7 Domande 7 a Maria Laura Ronzoni

Maria Laura Ronzoni è un’artista indissolubilmente, indubbiamente, innegabilmente legata a doppio filo a Italia e Irlanda; se non la conoscete ancora, per Italish è un piacere presentarvela! 

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E lasciatevi trascinare dalle sua ballate, coinvolgere dalla sua musica; imparerete qualcosa di una cantante e poetessa che darà molto alla musica d’autore Italiana; una donna che per la sua doppia faccia Italo-Irlandese non può che essere una di noi, non può che attirare chi bazzica sulle strade di Italish (così come sulle strade di Dublino, dove Maria Laura ha iniziato la sua carriera artistica, come busker a Temple Bar).

È giunto il momento di porre anche lei 7 fatidiche domande 7…

1)   Qui ad Italish si parla e scrive in tutte le declinazioni delle risonanze artistiche, culturali, emozionali tra Italia e Irlanda; vuoi spiegare ai nostri lettori come questa unione abbia molto a che fare con te? Insomma, vuoi presentarti a chi ancora non ti conosce? 

Sono sbarcata a Dublino il 7 Novembre 2001, portando con me la chitarra e pochi vestiti, una laurea in Lingue, un discreto bagaglio musicale con tante canzoni a memoria di classici d’autore italiani e internazionali, alcune mie canzoni e poesie e, insieme, da una parte l’urgenza di fuga dall’Italia, da cui mi sentivo fortemente tradita, dall’altra una voglia matta di esplorare e succhiare il nettare artistico di questa isola verde che mi chiamava già da tempo. Non avevo soldi, ho fatto i lavori più umili come la domestica e la lavapiatti in diversi fish’n’chips e ristoranti dublinesi.. E poi arrivava la sera e me ne andavo a suonare in strada, a Temple Bar, era il mio palcoscenico. Faceva freddo e pioveva, ma ero sempre lì, tutte le sere, anche a Natale e Capodanno, inverno, primavera… E poi è arrivata l’estate… Ho seguito i segni che riuscivo a cogliere, ogni giorno mi capitava qualcosa e semplicemente, spesso incoscientemente, lasciavo che accadesse. C’era qualcosa nell’aria, quasi una mappa invisibile  di connessioni tra luoghi e persone, un’energia palpabile che non potevo ignorare… Mi sono lasciata andare a questa “cosa” che diventava sempre più forte. Non ho fatto nulla, ha fatto tutto lei.

2)   Sei appena tornata da Berlino: un bel salto in questo ultimo periodo da Temple Bar ai palchi di mezza Europa. Cosa ha contribuito alla tua crescita artistica e musicale?

La strada è stata la maestra più importante, mi ha insegnato che la tecnica non basta a diventare bravi sul serio. L’onestà nei confronti dell’arte, la nudità, quello che secondo me rende un artista autentico, comincia fuori da un’accademia. La strada è il massimo banco di prova perché devi fare i conti con la verità della strada, con gli occhi, i sensi, l’anima delle persone che passano e che sono sul tuo stesso piano… non sfrutti il potere che ti dà il fatto di esibirti da un piano rialzato o attraverso una televisione, non ci sono effetti speciali o Maria De Filippi che ti presenta. Sei tu e basta, con le tue storie da raccontare. Se qualcuno si ferma ad ascoltarti significa che hai toccato delle corde, che hai regalato un po’ di bellezza. E poi ci sono gli incontri, le persone speciali che ti portano in luoghi speciali dove conosci e ascolti gente più brava di te. L’Irlanda è una culla di talenti che a differenza dell’Italia, mi duole dirlo, sono molto umili. Questo confronto mi ha arricchito indiscutibilmente, come persona e come artista.


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3)   Nel tuo album Calliope ovviamente c’è un bel po’ d’Irlanda all’interno; sono rimasto incuriosito dal testo di Per le Strade di Dublino, molto adatto a chi ci legge; di cosa, di chi parli? Ci vuoi raccontare qualcosa degli altri brani e del disco in generale?

Per le strade di Dublino parla di noi, della nostra generazione, di quelli nati tra gli anni sessanta e settanta.. con qualche eccezione arriviamo fino agli anni ottanta! Siamo gli “invisibili”, quelli che non finiscono mai di studiare, quelli che ancora chiedono scusa e si alzano per far sedere la signora anziana, quelli che lavorano per tre euro l’ora, quelli che non possono permettersi di mettere al mondo figli, quelli cresciuti con un certo tipo di musica e hanno ancora voglia di sognare, di riprovarci, anche da esuli, quelli che l’Italia ha spazzato via come zavorra ma  hanno ancora la forza di mettersi in gioco e la capacità di guadagnarsi il pane, la stima e il rispetto di un popolo straniero. Hanno recensito la mia come “una canzone d’autore ruvida” e Calliope come un disco non facile.. (cfr. Roberto Sacchi). Io sono d’accordo. Forse è il risultato di pezzi di puzzle composti nel corso dei miei dieci anni vissuti in Irlanda, in cui ho cercato una soluzione a pensieri e condizioni dell’essere che mi disturbavano: attraverso un gioco di opposti sistemavo le questioni irrisolte insieme a sequenze armoniche che dipingessero i miei stati interiori nel modo più sincero e fedele possibile. Immagini e suoni sono i canali più diretti, è bello e importante lavorarci con cura, accettare che entrino dentro, diventare per loro un tramite, aprirsi all’ignoto e scoprire cose di te che non sai di sapere. Puoi anche accorgerti che quella tua storia emotiva è uguale a quella di tanti altri compagni di vita, tutti pellegrini in viaggio. Questo progetto è stato accolto da un’etichetta romana indipendente sull’orlo del fallimento che nonostante le difficoltà economiche ci ha creduto e lo ha prodotto investendoci un budget minimo, per cui ho avuto la possibilità di registrare i brani in pochi giorni, con arrangiamenti minimali, live in duo elettro-acustico con Andrea Rodo, un caro amico e chitarrista meraviglioso che  ha condiviso con me  l’esperienza irlandese delle “Strade di Dublino”. Questa modalità di registrazione ha mantenuto la ruvidità e l’energia originale delle storie narrate.

 4)   Che tipo di musica ascolta Maria Laura Ronzoni? Cosa c’è in questo momento sul tuo lettore CD (o MP3 player), ovviamente oltre a “Calliope”?

Ho ascoltato e ascolto tanta musica, da Monteverdi ai Tool. Senza la musica nella mia vita sarei morta. Ma passo lunghi periodi ad immergermi solo negli autori “classici”, spesso paranoicamente: un solo disco per giorni e giorni… Poi periodi di silenzio totale di cui ho bisogno per scrivere. Proprio adesso nel lettore CD c’è “Blue” di Joni Mitchell, una delle maestre, tra i “classici” di eccellenza: mi piacerebbe ascoltarlo su vinile.

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5)   Qui ad Italish siamo innamorati della cultura Irlandese, in generale. Hai qualche suggerimento da dare a uno straniero in merito a libri o scrittori dell’Isola di Smeraldo che dovrebbero essere letti per capire meglio il popolo Irlandese?

L’Irlanda ha dato un contributo importante alla letteratura mondiale. Un paese di 4 milioni e mezzo di abitanti  ci ha regalato 4 premi Nobel. Credo che il popolo irlandese abbia acquisito nel tempo una certa capacità di elaborazione della sofferenza interiore, dei confini dell’esistenza umana e del meraviglioso che ne deriva come nessun altro paese al mondo e questo, unitamente al carattere di un popolo che abita una piccola isola “fuori porta”, verde e piena di boschi, laghi e pozzanghere, ha prodotto diversi fenomeni letterari nelle cui pagine vale senz’altro la pena immergersi. Passerei da Joyce e la “sua” Gente di Dublino, a Yeats per le fiabe e le poesie, mi fermerei parecchio su Samuel Beckett, non solo per il teatro ma per alcuni suoi personaggi di romanzi e racconti come Murphy e Più Pene che Pane (More Pricks than Kicks),  veri e propri real life originals. E poi ci sono le poesie di Beckett, in particolare la raccolta di Echo’s Bones” e quelle di un altro prolifico Nobel che ci ha lasciato l’estate scorsa, Séamus Heaney nella raccolta “Station Island”. Entrambi importanti studiosi di Dante e della lingua italiana, tra l’altro. Un altro romanzo che mi è piaciuto è The Quiet Man and Other Stories di Maurice Walsh. Ci sono anche scrittori giovani di talento che vale la pena di scoprire sul luogo, li puoi incontrare nelle open mic sessions, poetry readings in cui vedi ragazzi comuni, un po’ “maledetti”, appena usciti dal lavoro, sono poeti e scrittori che arrivati alla terza pinta di guinness cominciano a leggere le loro cose, al buio, nel retro di un pub, quasi volessero nascondersi.. e poi ci sono i vecchi bardi che declamano storie antiche… 

6)   Italia – Irlanda: sembra ci sia un legame speciale tra i due paesi (almeno dal nostro punto di vista), a iniziare dai nostri antenati immigrati che si incontrarono sulle strade per e dell’America. Sei d’accordo con questa considerazione; visto dall’interno (come nel tuo caso), cosa credi accomuni queste due popolazioni?

Sono d’accordo. Ci sono affinità profonde, tante storie di esuli e ribelli che ci accomunano, di  battaglie combattute. Una parte importante della nostra cultura fuggita dal continente europeo è stata miracolosamente preservata e custodita intatta in Irlanda, grazie al suo essere isola. Anche l’America è stato un punto d’incontro e scontro indiscutibile per le due culture a confronto. Poi abbiamo un modo simile di divertirci facendo tanto rumore, un senso dell’ospitalità e dell’amicizia molto forte, una generosità di base che ci contraddistingue. Ci sono anche delle differenze… Loro sono un popolo sotto tanti aspetti più semplice, più libero, meno condizionato dai soldi, forse perché la ricchezza economica che ha trasformato l’Italia, è arrivata in Irlanda con la tigre celtica una ventina di anni più tardi e si intravede in loro ancora un certo candore contadino che noi abbiamo perso. Purtroppo anche le nuove generazioni irlandesi lo stanno perdendo.

7)   Quali progetti hai per il tuo futuro? Cosa vorresti fare da grande?

Prego che il futuro mi conservi la voglia di vivere, la salute e la voce per cantare. È tutto quello che desidero. Sono una musicista e ho fatto un patto col diavolo, ”I don’t wanna grow up”!

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About Aindrèas Ridire

Amante d’Irlanda, viaggiatore per professione, viaggiatore per hobby, mastro libraio e topo di birreria, consumatore compulsivo di libri gialli e di Harp e Smithwick’s, afroirlandese nell’animo, ha lasciato il suo cuore in Donegal mentre il suo corpo vaga fra le strade del vino della Trinacria, si emoziona e studia al suono di violini, uilleann pipes, arpe, e bodhrán, innamorato della vita e della sua compagna per la vita.

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