Amo Dublino per molti motivi. Amo Dublino anche per il suo essere una capitale culturale di livello mondiale: una cultura integra, politica, anche, ma non politicizzata. Una cultura viva. Nei nostri ultimi tre giorni dublinesi abbiamo incontrato soprattutto scrittori, ma anche uno dei più importanti registi non solo d’Irlanda, ma del mondo: Neil Jordan.
E non è un caso che Neil Jordan fosse “accompagnato” da uno dei più importanti scrittori contemporanei irlandesi, quel Patrick “Pat” McCabe con cui Neil Jordan ha lavorato, portandone sullo schermo due dei romanzi più noti:
The Butcher Boy (Il Garzone Del Macellaio)
E Breakfast On Pluto (Colazione Su Plutone)
E così, in un assolatissimo sabato dublinese, siamo tornati all’IFI, che ci aveva ospitato in occasione dell’intervista a Seán “Men At Lunch” Ó Cualáin e che per tutto il mese di maggio ha visto Neil Jordan protagonista, con una retrospettiva a lui dedicata conclusasi in bellezza con l’uscita del nuovo, ancora una volta vampiresco (dopo il celeberrimo Intervista Col Vampiro), film: Byzantium.
Il video da YouTube che correda il post non è in realtà un video, ma il podcast della conferenza. Ma forse sarebbe meglio chiamarla chiacchierata. Una chiacchierata di quasi due ore, compresi gli interventi del pubblico, quasi due ore che sono volate via velocissime, perché la schermaglia affabulatoria tra mister McCabe e mister Jordan era di altissimo, godibilissimo livello.
Neil Jordan: di Vampiri, Mannari e Zombie
Sì, perché uno dei film più noti di Jordan è Intervista Col Vampiro. Ma questa non è… Una intervista. Questa è una chiacchierata tra due importantissimi esponenti della cultura contemporanea. E quindi, sì, ci può anche interessare sapere come sia stato facile accordarsi con Angela Carter sulla genesi di The Company of Wolves (In Compagnia Dei Lupi) o la difficoltà di “sdoganare” con Anne Rice la scelta di Tom Cruise per Intervista Col Vampiro. Ma ci interessa di più l’affermazione:
The only two monsters left in pop culture seem to be vampires and zombies
A segnalare un impoverimento dell’immaginario e del fantastico, impoverimento che, a chi “mastica” cultura irlandese, proprio non può piacere. Non è triste che il fantastico, una dimensione che in Irlanda aveva un patrimonio lussureggiante, si sia appiattito sui temi di una non-vita in cui zombie, vampiri e… Noi, che viviamo la più grande recessione degli ultimi novanta anni, siamo accomunati dall’infinita routine del che devo fà pe’ campà?
Gli scrittori Irlandesi sono troppi
E ci ha colpito, strappandoci un sorriso, la confessione sul perché, pur avendo iniziato come scrittore, alla fine Jordan è diventato regista: perché lavorare all’ombra di Yeats e di Joyce (Jordan è un uomo di Sligo, territorio “occupato intellettualmente” da Yeats, trapiantato a Dublino, di cui Joyce, con l’Ulisse, ha semplicemente conquistato per sempre le chiavi letterarie della città) era impossibile. Una bella fortuna per Jordan che quel leggendario incontro del 1929 a Parigi tra James e Sergei Eisenstein non abbia dato vita a una sceneggiatura, altrimenti chissà dove sarebbe stato costretto a dirigere il sacro fuoco della creatività (di certo non il teatro, visto che Jordan dichiara candidamente: I don’t understand theatre…).
E il sacro fuoco si accende per Jordan grazie all’incontro con un altro mostro sacro della cinematografia mondiale: il John Boorman allora impegnato nella produzione di Excalibur.
Come nascono i Miti
E la prima opera di Jordan sarà così The Making of Excalibur: Myth Into Movie, che adesso fa parte della collezione dell’IFI e che è stato proiettato in prima assoluta proprio in occasione della retrospettiva.
Da lì in poi è senza dubbio la libertà uno dei temi di Neil Jordan. O meglio, la libertà è il contesto in cui farà crescere la sua opera, confrontandosi con Michelangelo Antonioni o Jean-Pierre Melville senza però aver paura di “sporcarsi le mani” con un film come High Spirits (High spirits – Fantasmi Da Legare), o con la produzione televisiva con The Borgias (I Borgia) e affrontare ripetutamente con il sottofondo di una struggente chiave sentimentale la Questione Irlandese con Michael Collins e The Crying Game (La Moglie Del soldato).
–
Del question time successivo alla schermaglia Jordan – McCabe ci piace ricordare la risposta di Jordan alla domanda se gli piace il 3d:
3D? I hate it. Cinema is multidimensional.
Fellini e Kurosawa non ne hanno avuto bisogno, del 3D, dice Jordan.
Concludo segnalandovi un piccolo gioiello del Neil Jordan scrittore. Un piccolo gioiello che a mio parere non ha niente da invidiare ai Mostri Sacri che hanno allontanato Jordan dalla scrittura avvicinandolo al cinema: Estrema Unzione è un bellissimo racconto che fa parte della raccolta Irlandesi. Morale della favola? Non c’è bisogno di essere vampiri per vivere una non-vita: il sottoproletariato degli emigrati a Londra ha qualcosa da insegnare, a Lestat & soci…
5 comments
Pingback: Ondine: Colin Farrell e… una sirena?!
Pingback: Italish Magazine 500!
Pingback: #CronachedaDublino 2: Di Cigni e di Tori | Italish Magazine
Pingback: Speciale San Patrizio: diciassette pazzie Irlandesi | Italish Magazine
Pingback: #CronachedaDublino 2: Di Cigni e di Tori | Italish Magazine