MO’R e la pioggia

Sono le ultime ore a Dublino per quanto riguarda questa tornata. Molte cose rimangono in sospeso, ma tutto tende verso un’unica direzione: Qui. Come se le strade stesse lasciassero un posto vuoto che non è vuoto: è nostro, e dobbiamo venire a riempirlo. A riempirlo nel minor tempo possibile, certo, ma senza spaventarsi di tutto il tempo che sarà necessario.

In questi giorni ci sono stati momenti in cui mi sono commosso. E, sì: ho ricominciato a scrivere il romanzo. Sì: i pezzi della Statua stanno ricomponendosi. Mancavano solo due cose. La più importante non è arrivata ancora.

Il biglietto di sola andata per Qui non ce l’abbiamo ancora in tasca. Non sembra lontano, certo, ma finché non succede è come se non fosse cambiato nulla, siamo ancora qui ad aspettare.

Invece è arrivata la pioggia per farmi parlare di lei.

Nei giorni scorsi ci aveva provato, ma non era mai stata una cosa seria. Oggi invece l’Irlanda è proprio al centro di una zona di bassa pressione che ha deciso di darci dentro: già ieri era partita l’allerta meteo per le zone del sud-ovest.

Qui a Dublino ha iniziato a piovere ormai da quattro ore e andrà avanti per un bel po’. Qui lo chiamano tempo da sgabello, ovviamente da sgabello del pub.

Quando è arrivata la pioggia ero a Stephen’s Green, il pezzetto di Dublino che preferisco in assoluto. Oggi era proprio come nel libro che sto scrivendo: sotto una pioggia novembrina in un giorno d’estate. Il libro inizia con la pioggia. E con la pioggia di oggi so che il terzo libro sarà finito, lo avrò finito, entro qualche mese. In un mondo perfetto lo finirò a Dublino, dopo che l’altro tipo avrà finalmente trovato un lavoro con cui portarci tutti via, tutti Qui, finalmente.

Il Green sotto la pioggia è bellissimo. Mi intristiscono molto le persone che non riescono a comprendere la bellezza della pioggia.

Questo video, per certo, non fa per loro.

About maxorover

Ebbene sì. Max O'Rover parla anche Italiano. E in Italiano scrive. Un Irlandese con la geografia contro, ecco chi è Max O'Rover. Il falso vero nome (quindi vero o falso?) di Max O'Rover è, ovviamente, in Irlandese: Mach uí Rómhar. "Rómhar" è il ventre, ma anche il ventre della terra, quello in cui crescono i semi, in cui nascono gli alberi. Mica male per essere uno che non esiste, avere un cognome così evocativo. Prima o poi la scriverò, la vera falsa storia degli uí Rómhar. La storia del perché ci hanno cacciato via. Una storia fatta di boschi sacri che non abbiamo difeso, di maledizioni scagliate contro di noi da Boann. Un pugno di druidi falliti costretti a scendere a sud. Fino a che la maledizione sarà spezzata. Fino a quando potremo tornare. Quando sono in pausa pranzo, ogni giorno, mangio una mela. Non getto mai i semi della mela nella spazzatura. Li getto nel prato. Perché sotto sotto ci credo, alla maledizione. Mi ricordo la maledizione. Ma non ricordo quanti alberi devo far crescere: dieci? Mille? Un milione? Intanto continuo a gettare i semi nel prato, e ad aspettare il ritorno a casa.

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