Dublino, 11 agosto.
Non esistono Paesi perfetti. Certo, l’Irlanda è molto in alto nell’indice di sviluppo di umanità, secondo la statistica che indaga lo sviluppo socioculturale di tutti i Paesi del pianeta. Ma neanche l’Irlanda è il Paese perfetto. Se qualcuno avesse un dubbio in proposito, basta leggere le 2.600 pagine del Ryan Report.
Che cosa è il Ryan Report? Potete leggervelo qui. In breve, il rapporto ha indagato su decine di anni di abusi perpetrati su bambini e ragazzi nelle scuole cattoliche industriali (a cui erano destinati bambini già in condizioni fisiche, o mentali, disagiate) e nei riformatori e sull’incapacità dello Stato di accorgersi di quanto stava accadendo e quindi intervenire di conseguenza.
Vite spezzate là dove avrebbero dovuto trovare aiuto: questi i fatti, il resto è politica.
Stamani mi sono imbattuto per caso in una sorta di monumento spontaneo alle vittime. In realtà cercavo l’Exchange, un centro per l’integrazione culturale in cui un amico dublinese fa volontariato. L’amico non ce l’ho trovato: non è così facile darsi appuntamento con un Dublinese…
Ma sull’angolo di Exchange Street c’era lui. Il monumento ai ragazzi caduti.
Siamo a due passi dal Temple Bar dei turisti e qui un edificio crollato diventa il simbolo di quella che viene definita cultura dell’abuso: perché tanta violenza per così tanto tempo deve essere sistema, cultura, per funzionare.
Sulla palizzata pagine e pagine del Report raccontano che cosa è accaduto.
C’è odore di urina, pagine strappate. Del resto, questo non è neanche un monumento…
A pochi metri da lì, però, all’Exchange si sta facendo cultura: Vietnamiti e Irlandesi fanno musica insieme, ci si confronta. Confronto e cultura: gli anticorpi necessari più di qualsiasi monumento, contro la non-cultura del voltarsi dall’altra parte.