Con (ormai più di) 500 post alle spalle Italish ne ha di storie di raccontare. Perché ormai Italish è diventato quello che ci eravamo prefissi: un luogo di incontro in cui far nascere relazioni culturali e, perché no, amicizie, tra Irlanda e Italia. Così, se con Chiara Brandi ci eravamo, fino a ora, “incontrati” solo virtualmente, il nostro ultimo viaggio a Dublino ci ha permesso di incontrarla anche nel mondo reale, e di visitare di persona la Duke Street Gallery (qui il post in Inglese), che Chiara ci aveva già raccontato su Italish.

La location, Duke Street appunto, è perfetta: ci arrivi da Grafton Street, in Duke Street, dopo aver superato le “barricate”: i banchi dei fiori delle Dublinesi che vendono in centro.
Uno dei tanti motivi per cui adoro Dublino è il fatto che, mentre cammini, le sue strade sono così impregnate di letteratura che quasi senti l’odore delle pagine.
Ecco, qualche volta anche i palazzi, le case, fanno lo stesso effetto, hanno lo stesso odore.
La prima cosa che vedi entrando nella Duke Street Gallery è questa scala che, sarò malato, subito mi ricorda gli andirivieni, ora silenziosi e furtivi, ora rumorosi, quasi insolenti, dei personaggi de I Morti, l’ultimo dei racconti dei Dubliners (Gente Di Dublino). Chissà se qualche accademico si è mai messo a studiare la funzione delle scale ne I Morti…
Ritornando sulla terra, entri nella Duke Street Gallery e capisci che, sì, certo, è una galleria d’arte, ma è anche, di fatto, un gran bel museo di arte irlandese contemporanea: insomma, la sensazione di museo take away è curiosa!
I due nomi più noti, e che ricorrono spesso sulle pareti, sono quelli di Markey Robinson e di Louis Le Brocquy. E, ancora una volta, la suggestione letteraria è facile: Le Brocquy è l’autore dei più famosi, ed emozionanti, ritratti di artisti Irlandesi e, soprattutto, è stato il più grande interprete della carica espressiva del volto di Samuel Beckett:
Le Brocquy e Robinson, purtroppo, non potranno darci altra arte, altra energia. Ma Duke Street Gallery è una galleria viva: perché “in scuderia” ci sono interessantissimi autori contemporanei e alcuni di essi sono giovani. E se la galleria è dominata in questo periodo da Fish, opera scultorea di Graham Knuttel:
I nostri occhi si sono invece innamorati delle opere di Joby Hickey, artista eclettico e a nostro parere grande “re-inventore” della lezione dello stesso Le Brocquy (e, forse, anche di Jack Butler Yeats) in chiave multimediale e (visto che ormai anche il post-moderno è morto e sepolto…) forse dovrebbe essere definita post-attuale, con uno studio di luci e forme che travalica il mezzo espressivo, quasi liberandosene.
College Green, Joby HickeyOkkei. Forse sto cominciando a esagerare… ;-)
Che dire di più? Che, la prossima volta che siete a Dublino, se fossi in voi un’occhiata alla Duke Street Gallery la darei di sicuro… ;-)
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