il giorno che incontrammo roddy doyle - o'connell bridge

Libri ambientati a Dublino: Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle

Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle è il mio primo libro. Eccone un altro, quindi, di libri ambientati a Dublino. E visti i precedenti è facile sentirsi il vaso di coccio tra i tanti giganti che mi hanno, e lo hanno, preceduto. Io però, nel frattempo, ci faccio anche una mappa, che Joyce almeno quella non ha potuto farla… ;-)


Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle uscirà per Antonio Tombolini Editore, collana Oceania, nel marzo 2017.


Un nuovo libro italiano tra i libri ambientati a Dublino

Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle è anche una storia d’amore (del resto: tutte le storie sono storie d’amore, citando il geniale Robert Mc Liam Wilson), anzi più di una.

È anche un tributo d’amore verso la città che mi ha accolto.

La città che ho sempre sentito come casa mia: Dublino.

Se fossi partito dal presupposto di quali e quanti Grandi Vecchi abbiano scritto di Dublino non avrei mai neanche cominciato.

E invece eccomi qui, e eccolo qui, il libro.

Questo libro che è, a partire dal titolo, anche un omaggio verso uno dei più grandi scrittori dublinesi contemporanei.

È veramente strano vivere a pochi chilometri da Kilbarrack. È veramente strano sentirsi come un altro scrittore della Northside.

È veramente strana la sensazione di vivere a Barrytown, che mi colpì come una bella risata il giorno in cui vidi un cavallo alla fermata dell’autobus, vicino a casa mia.

Era, semplicemente, inimmaginabile che il mio alter ego “vero”, la persona che deve lavorare per vivere, stia lavorando per quella scrittrice il cui “piano piano ti acchiappo scimmietta” era diventato per lui una sorta di grido di battaglia.

E invece…

Un grido di battaglia che faceva il pari con quello dell’ombra che sento sempre sghignazzare alle mie spalle, il gigante che ha scritto per tutti noi l’unica ricetta per continuare a vivere, il Beckett di

Fail again, fail better

Una delle cose che mi ha sempre colpito della letteratura irlandese è il fatto che il territorio sia un vero e proprio personaggio. Che il territorio sia così importante per la storia da rendere impossibile immaginarla ambientata altrove. Anche quando è una storia che riguarda non dublinesi, o irlandesi, ma semplicemente degli esseri umani.

Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle ha Dublino tra i suoi protagonisti.

Senza ombra di dubbio.

E se a questo aggiungete la mia passione per le mappe, una passione che ho da quando ero piccolo (ricordo un vecchio atlante su cui spostavo i carri armati del Risiko, cercando di inventare un gioco o chissà che. Dei giochi ne parleremo un’altra volta, visto che un gioco sulla birra è citato nel libro…), una ItalishMagazineMap de Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle era doverosa, necessaria.

Eccola qua.

Magari un giorno verrete a Dublino proprio per ripercorrere le strade descritte nel libro. Magari mi inventerò anche il tour del libro, una versione speciale di Cronache da Dublino.

Sarebbe un gran bel risultato.

Perché significherebbe aggiungere storie alle storie.

E, chissà: magari ci saranno altri libri ambientati a Dublino che nasceranno dal mio.

About maxorover

Ebbene sì. Max O'Rover parla anche Italiano. E in Italiano scrive. Un Irlandese con la geografia contro, ecco chi è Max O'Rover. Il falso vero nome (quindi vero o falso?) di Max O'Rover è, ovviamente, in Irlandese: Mach uí Rómhar. "Rómhar" è il ventre, ma anche il ventre della terra, quello in cui crescono i semi, in cui nascono gli alberi. Mica male per essere uno che non esiste, avere un cognome così evocativo. Prima o poi la scriverò, la vera falsa storia degli uí Rómhar. La storia del perché ci hanno cacciato via. Una storia fatta di boschi sacri che non abbiamo difeso, di maledizioni scagliate contro di noi da Boann. Un pugno di druidi falliti costretti a scendere a sud. Fino a che la maledizione sarà spezzata. Fino a quando potremo tornare. Quando sono in pausa pranzo, ogni giorno, mangio una mela. Non getto mai i semi della mela nella spazzatura. Li getto nel prato. Perché sotto sotto ci credo, alla maledizione. Mi ricordo la maledizione. Ma non ricordo quanti alberi devo far crescere: dieci? Mille? Un milione? Intanto continuo a gettare i semi nel prato, e ad aspettare il ritorno a casa.

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