Due libri resi diabolicamente, dolorosamente indissolubili dall’autore. Inevitabile quindi recensirli insieme.
Eclisse (traduzione Marcella Dallatorre, Guanda) – Eclipse (2000)
L’Invenzione Del Passato (traduzione Marcella Dallatorre, Guanda) – Shroud (2002)
Eclisse, ovvero un altro capolavoro di prosa di John Banville. Forse meno lavoro di cesello rispetto a Il Mare, (The Sea, 2005, Booker Prize, Irish Book Awards Novel of the Year), ma la scrittura è perfetta, nella sua vischiosità scura (verrebbe quasi da dire che è densa come la Guinness…), per la non-vicenda che viene narrata.
Siamo in Irlanda senza bisogno di dirlo (ma quelle case, quelle strade sotto la pioggia enorme: dove altro potrebbero essere? Invece, ne L’Invenzione Del Passato, Banville concede ai suoi personaggi una “vacanza” italiana) solo con una puntata, ancora, in Italia (ma l’albergo “italiano” che compare nel libro è invece, ci confessa Banville in un altro suo libro, Ritratti di Praga, un albergo praghese: scherzi tra memoria e letteratura).
Il protagonista di Eclisse, arrivato alla fine della sua vita artistica, cerca di tornare alle origini. Mentre, anche in questo libro, Banville non disdegna il colpo a sorpresa come un giallista, prendendo a prestito le doti di ritmo e rivelazione del suo alter ego Benjamin Black, e assistiamo, spettatori inermi, alla non-vita del grande ex-attore (una figura di Grande Vecchio che è un tema ricorrente in Banville, una figura tematica che forse potremmo identificare con Joyce), sovrano in una strana e ristretta corte dei miracoli, padre e marito allo sbando.
L’Invenzione Del Passato: I prigionieri di Banville
In un libro di Flann O’Brien ci sono personaggi che si ribellano al “loro” autore. I personaggi di Banville non hanno questa fortuna. I personaggi di Banville sono crudelmente tenuti prigionieri dallo scrittore, e me li immagino lì, in una stanza del cervello dell’Irlandese, ad aspettarsi il peggio. Che, prima o poi, purtroppo per loro, arriva.
Questo libro è direttamente collegato a Eclisse, con il quale si intreccia in maniera, appunto, crudele (se forse i personaggi di un libro avessero saputo quello che contiene l’altro…) e ha un accenno anche a un personaggio di un altro capolavoro di Banville, L’Intoccabile (e forse questo aspetto dell’opera di Banville, il riuscire a connettere le sue opere in modo così sobrio è uno di quelli che preferisco in questo autore). L’Invenzione Del Passato è la storia di due persone che non hanno (per motivi molto diversi) identità e che, forse, la acquisiscono solo con il loro incontro. Naturalmente la cosa non potrà dare… E non darà, frutti.
PS: Se qualcuno individua con esattezza la chiesa delle Cinque Terre, me lo faccia sapere che ci vado.
PPS: la chiesa l’abbiamo poi trovata! Si tratta di San Pietro a Porto Venere:
La porta era vecchia, il suo legno freddo e umido al tatto come se l’aria l’avesse ricoperta di limo. La porta si è aperta, cigolando sui cardini. Era tutto così semplice! Ed ecco un piccolo terrazzo quadrato, di pietra, sotto un cielo cavo, con acqua bianca spumeggiante attorno agli scogli posti molto, molto più in basso.
Nel frattempo, questa asimmetrica dilogia è divenuta una trilogia, con l’uscita (2012) di Ancient Light, non ancora tradotto in Italiano, in cui torna il personaggio principale di Eclisse, Alexander Cleave, dieci anni dopo le vicende della figlia Cass narrate ne L’Invenzione Del Passato.
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