Abbiamo rivolto tre – domande – tre a Federico Platania, ospite fisso del San Patrizio Livorno Festival che ci ha appena confermato l’argomento del suo intervento.
IM: Federico, ci stiamo avviando verso la tua presenza al SPLF: come continua la tua storia con il festival irlando-livornese?
FP: Continuo a essere coinvolto nel SPLF perché Max O’Rover è un mastino che non allenta mai la presa.
Scherzi a parte, la formula del SPLF mi piace molto: è un festival con ospiti di prestigio e contenuti di qualità, che si svolge in un ambiente e in un clima estremamente informali.
È la cosa più lontana dallo stereotipo del festival irlandese e al tempo stesso la cosa più vicina allo spirito irlandese che possiate immaginare.
IM: che cosa farai al SPLF 2020?
FP: Quando si presentava al pubblico, il batterista storico delle Mothers di Frank Zappa diceva “Ciao, mi chiamo Jimmy Carl Black e sono l’indiano del gruppo”.
Analogamente potrei dire “Ciao, mi chiamo Federico Platania e sono il beckettiano del gruppo”.
Nelle precedenti edizioni ho sempre parlato di Samuel Beckett, forte del mio ruolo di curatore del portale italiano www.samuelbeckett.it, e lo farò ancora nel 2020. Ma non poniamo limiti.
IM: Che cosa ti aspetti dalla prossima (dalle prossime?) edizioni del SPLF?
FP: Dalle prossime SPLF mi aspetto grandi cose. Senza falso entusiasmo, ci credo davvero.
Le teste ci sono, la passione anche. Ci sono collaboratori in gamba e una linea editoriale studiata con attenzione. Ah, ci sono anche le birre, eh? No, perché non vorrei che quello che ho detto prima, sul prestigio e la qualità, vi facesse pensare che non ci concediamo qualche giro di pinte…
