La Donna Che Sbatteva Nelle Porte, ovvero The Woman Who Walked Into Doors (1996), di Roddy Doyle, è, per Q&R, un libro molto importante.

In questi casi si rischia sempre di esagerare, e il what if è sempre un gioco pericoloso: ma, probabilmente, senza The Woman Who Walked… la Q&R non esisterebbe neanche: The Woman Who Walked… è, a tutti gli effetti, un protagonista de Il Giorno Che Incontrammo Roddy Doyle…
Quindi non potevamo perdere l’occasione di porre qualche domanda a Giorgio Gallione, il regista direttore artistico del Teatro dell’Archivolto responsabile della regia appunto, e della drammaturgia, della versione teatrale italiana, sulle scene a partire dal prossimo aprile
Giorgio Gallione– GG: Beh, in realtà in Irlanda non ci sono neanche mai stato… Piuttosto, amo molto Roddy Doyle, di cui ho letto moltissimo: più che l’Irlanda è stata proprio la scrittura di Doyle a determinare questa scelta, che arriva a realizzazione dopo essere stata in stand-by per qualche tempo.
– GG: No, mi sono attenuto alla traduzione italiana. Abbiamo parlato della drammaturgia con Guanda quando è uscito Paula Spencer e ho cominciato a indirizzare il lavoro avendo in mente Marina Massironi.
– GG: Per adesso no, ma in futuro, chissà…
Marina Massironi: La Donna Che Sbatteva Nelle Porte – GG: Lo spettacolo inizia esattamente come il libro e si delinea come un monologo in cui Marina-Paula, che corrisponde quindi esattamente alla voce narrante del romanzo, ripercorre le tappe della sua vita in flashback.
– GG: Sì. anche noi finiamo con ‘ho fatto qualcosa di buono’. La storia di Paula è la storia di chi crede di potersi riscattare iniziando, con il matrimonio, una nuova vita, e poi viene invece risucchiata in un inferno che corrisponde alla progressiva disgregazione della figura del marito (o meglio la disgregazione di ciò che Paula aveva sperato che il marito fosse) lasciando Paula di fronte a quello che il marito è davvero: un violento, e per di più un coglione (come altrimenti definire uno che si mette in testa di fuggire rubando un’auto pur non sapendo guidare?).
– GG: La scena in cui si svolge l’intero monologo è, letteralmente, una stanza foderata di prato, come se vedessimo uno spaccato della casa di Paula, degli Spencer. Abbiamo cercato di riportare nella drammaturgia tutta la struttura portante del romanzo: l’Inferno di Paula o, per meglio dire, i due inferni di Paula. Il marito e l’alcool, e poi il senso di colpa nei confronti dei figli. Anche sul palcoscenico Paula si tormenterà con il ‘chiedetemelo, chiedetemelo, chiedetemelo’ (ci si riferisce all’incapacità di Paula di dire ad altri quello che subisce dal marito, rimanendo sempre in attesa che qualcuno, tra i familiari o i medici, le chiedano che cosa sta accadendo) del romanzo.
– GG: Per così dire ho tentato di seguire una ‘via socialdemocratica’ alla traduzione: mantenere tutto il contesto, ma asciugandolo il più possibile dal punto di vista geografico, riducendo al minimo le allusioni ambientali, lasciandole solo quando strettamente necessario.
– GG: Mi piace molto Roddy Doyle, mi piace molto una certa letteratura anglosassone che è quella che sta tra Doyle, Hornby, Welsh. È una narrativa molto diretta e molto umana: si occupa di persone, non di strutture. Un prossimo scenario di lavoro potrebbe essere quello di occuparmi dei racconti di Welsh…
– GG: Certo. La musica accompagna Paula, ci è servita anche per dare impaginazione allo spettacolo. Si ascoltano le canzoni citate nel romanzo e che danno, tra l’altro, il senso dell’appartenenza temporale della storia.
– GG: Sicuramente sarebbe qualcosa di molto diverso. Certamente non potrebbe essere un monologo, vista l’importanza che assumono i figli di Paula, e comunque, forse, è una storia meno ‘forte’.
– GG: vedremo come andranno gli spettacoli previsti e poi ne riparleremo per il 2012.
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