diario d'Irlanda: musica

Diario d’Irlanda: Italia, 2 gennaio 2016

Carissimi cuori irlandesi,

oggi è difficile scrivere, per vari motivi.

Primo, sono lontana da quel posto magico che voi conoscete bene. Qua in Italia le parole sono rotte, faticano, non scivolano via.

Qua in Italia sento meno musica e meno poesia dentro di me. Qua in Italia sono anestetizzata. Secondo, sono successi tanti fatti surreali che hanno a che vedere con l’isola e con chi sull’isola ci vive.

Non giudico se belli o brutti. Hanno comunque lasciato un segno, che fa un po’ male.

Ogni volta che mi stacco da quella che per me è ormai casa, il dolore è più forte. Il 13 dicembre è di nuovo successo. Quando sono entrata in quella che per me dovrebbe essere casa, non sono nemmeno riuscita a svuotare le valigie. Sono scoppiata a piangere, seduta a terra. Vivo sola da tanto, ormai. Ma dicevo a non so chi: “Ho bisogno delle casette in mattoni rossi. Ho bisogno della pioggia e del cielo di zaffiro”. Piangevo e supplicavo. Come una bambina disperata.

A distanza di 20 giorni piango ancora, ho mal di stomaco perenne, la febbre e un raffreddore che ormai è diventato parte di me. Vorrei cadere in letargo. Il mio istinto mi porterebbe a dormire fino alla prossima partenza. Ma la musica mi salva.

La musica salva sempre.Diario d'Irlanda: musica

Music is what makes this whole thing less painful

 

E così mi affido alle note, che in Irlanda non si sprecano mai. Ce ne sono tantissime, lassù. Ovunque. Ma nessuna è fuori posto, nemmeno quelle stonate.

Ce l’hanno proprio dentro, la musica, loro. Ci crescono immersi. E per loro, gli Irlandesi, diventa normale. Ci hanno fatto l’abitudine.

Come a respirare.

IMG_20151206_173558Ed ecco allora che arriva la mia personale playlist 2015.

Un anno di Irlanda e un anno di musica.

Non è esaustiva, ovviamente, ma è la top ten di brani e musicisti che mi hanno accompagnata in questo anno che chiamare surreale è dir poco.

Non ci saranno analisi tecniche o giudizi. Solo il mio personalissimo piacere. E, più che altro, non c’è un ordine di importanza. Tutto ciò mi ha salvata.

NUMERO 1

Entra prepotente al primo posto J.P. Kallio.

Musicista dublinese di origini finniche, scoperto a luglio (o forse era giugno…). Tanti i motivi per cui mi sono innamorata della sua musica. Il suonatore di banjo, in primis (ormai conosciuto dagli amici italiani come “TantaRobaBrian”, detto tutto d’un fiato).

Stupidaggini a parte, è uno scrittore, un songwriter, favoloso.

Il suo blog mi tiene attaccata tutti i giorni. E fino a ora non c’è una canzone che non mi sia piaciuta. Questa è quella che mi ruba l’anima più di tutte. After the Storm.

NUMERO 2

Ed Sheeran. Passiamo un attimo in Inghilterra (ma ricordiamoci che Eddino bellissimo aveva comunque un nonno irlandese!). Ecco, lui è la colonna sonora dell’anno. Ascoltato, vissuto, pianto, ballato. Dalle coreografie di danza, alle notti passate a studiare inglese, fino all’abbraccio con la mia carissima Imma in ostello, ad agosto, prima della partenza.

NUMERO 3

Torniamo in Irlanda e ascoltiamoci un po’ di Hozier. A parte Take me to Church (un vero capolavoro), questo ragazzo di Bray ha una voce che mi penetra dentro in modo incredibile.

Mi ha accompagnata negli esami di aprile, mentre studiavo a Dublino e piangevo e mi disperavo. E pensavo a quegli occhi blu (vedi il suonatore di banjo di cui sopra), che solo da poco sono riuscita a dimenticare.

NUMERO 4

Conosciuti e apprezzati da tanto tempo, ma quest’anno hanno avuto un ruolo molto importante.

Questa canzone è stata uno dei miei ultimi test di listening, pochi giorni fa.

The Pogues, nome irlandese, band mista irish-british. Sonorità che mi riportano sempre lì. Perfetto connubio tra il mio amato punk e la tradizione.

NUMERO 5

L’ho suonata centinaia e centinaia di volte, da quei lontani anni ’90.

Da quando, ragazzina, sognavo di vivere in Irlanda. Oggi, questa canzone è vera più che mai:

I want more, impossible to ignore

they’ll come true, impossible not to do.

E non aggiungo altro.

NUMERO 6

Qualcosa di buono l’Italia lo fa.

Modena City Ramblers. Anche loro per me arrivano da lontano nel tempo e questo revival segna una specie di cerchio che si chiude, un ritorno sulla via della mia vita, abbandonata troppo tempo fa. Ovviamente, In un giorno di Pioggia.

NUMERO 7

Momento topico dell’anno, un giorno qualunque di aprile: entrare al Gogarty e sentire il pluricitato suonatore di banjo suonare questo capolavoro.

Emozione che resterà indelebile nel tempo, nel cuore e nella memoria. Emozione superabile solo con il tanto irlandese “take it easy”.

Il 2016 è iniziato; avrà altri significati; collezionerà atri ricordi.

Ma quel momento ha il sapore dell’eternità.

NUMERO 8

Uno dei miei artisti preferiti in assoluto: Lou Reed.

Era agosto, sulle strade di Kilkenny, in auto con la mia amica Elaine. Questa canzone ha avuto un significato profondo. Conosciuta grazie a Trainspotting, solo quest’anno le ho finalmente dato la vita, sebbene l’abbia cantanta mille e mille volte.

Speravo sempre di vivere quel giorno perfetto. La radio l’ha sputata fuori mentre Elaine mi accompagnava alla stazione, per tornare a Dublino.

Tutto accade sempre nel momento giusto, e quando meno te l’aspetti.

NUMERO 9

Di primo acchito potrebbe sembrare fuori contesto, ma invece ci azzecca eccome.

Mario (aka Blind Reverendo) è una di quelle persone che è cresciuta con me, un fratello non di sangue ma di anima.

Una di quelle poche persone a cui la parola “amico” non rende giustizia.

Lui è un musicista. In Italia non aveva futuro. Ha trovato la sua vita in Spagna, a Barcellona.

Questa è una canzone scritta qualche anno fa, quando ha lasciato il nido. Ora tocca a me. Le sue parole sono le mie.

NUMERO 10

Ultimo posto disponibile. Difficilissimo scegliere. Ora tutto corre nella mia testa: un medley!

Ma ne devo scegliere solo una e così torno alle origini.

Torno a quella musica che mi placa l’animo sempre e mi lascia quel gusto “bittersweet” che sa tanto dei romanzi di Joyce.

Torno alle mie notti attorno ai 18 anni. Torno alla musica che avevo in testa il primo giorno in cui ho camminato sulla terra dolce-amara d’Irlanda.

FUORI PROGRAMMA

Il brano del saggio di danza di giugno. Momento indimenticabile. Tensione, fatica, sudore, mesi e mesi di studio. Passione pura. Resterà per sempre. Anche quando vivrò in Irlanda.

About Martina Bonati

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