#CronachedaDublino 1: La Scuola di Joyce

#CronachedaDublino 1: La Scuola di Joyce – Pane e letteratura per il giovane James

ATTENZIONE! CronacheDaDublino torna anche nel 2014!

#CronachedaDublinoDal 1893 James Joyce e il fratello Stanislaus studiano al Belvedere College.

Il Belvedere College esiste ancora ed è, ancora, considerato una scuola d’eccellenza.

Il Belvedere è importante nella vita di Joyce per due motivi: perché è lì che comincerà a studiare la filosofia tomistica, creando il substrato filosofico-cristiano delle sue opere, e perché è lì che per la prima volta vengono riconosciute le sue eccezionali doti: mentre il padre affonda nell’alcoolismo, a casa si mangia grazie alle borse di studio di James.

Tra il 1914 e il 1922 Joyce cambierà la storia della letteratura mondiale scrivendo l’Ulisse

Dell’Ulisse e di Joyce Dublino non si libererà mai più: di James si festeggia ancora il compleanno, e ancora si festeggia il giorno in cui è ambientato l’Ulisse: è il famoso Bloomsday, e Italish ne ha parlato recentemente con due giovani scrittori dublinesi, Nuala Ní Chonchúir e Alan Jude Moore.

Impareremo un paio di cose su Joyce: un gran figlio di buona donna, beone e alcolizzato, ma che scriveva da Dio.

About maxorover

Ebbene sì. Max O'Rover parla anche Italiano. E in Italiano scrive. Un Irlandese con la geografia contro, ecco chi è Max O'Rover. Il falso vero nome (quindi vero o falso?) di Max O'Rover è, ovviamente, in Irlandese: Mach uí Rómhar. "Rómhar" è il ventre, ma anche il ventre della terra, quello in cui crescono i semi, in cui nascono gli alberi. Mica male per essere uno che non esiste, avere un cognome così evocativo. Prima o poi la scriverò, la vera falsa storia degli uí Rómhar. La storia del perché ci hanno cacciato via. Una storia fatta di boschi sacri che non abbiamo difeso, di maledizioni scagliate contro di noi da Boann. Un pugno di druidi falliti costretti a scendere a sud. Fino a che la maledizione sarà spezzata. Fino a quando potremo tornare. Quando sono in pausa pranzo, ogni giorno, mangio una mela. Non getto mai i semi della mela nella spazzatura. Li getto nel prato. Perché sotto sotto ci credo, alla maledizione. Mi ricordo la maledizione. Ma non ricordo quanti alberi devo far crescere: dieci? Mille? Un milione? Intanto continuo a gettare i semi nel prato, e ad aspettare il ritorno a casa.

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