Come gli Irlandesi Riscoprirono il Solstizio

Una storia Irlandese dedicata a Newgrange e al solstizio d’inverno.
You can read this short story in English HERE.

Scarica il racconto.

< Gráinne? >
Enda uí Rómhar era stato svegliato da qualcosa e, ovviamente, aveva pensato che si trattasse della moglie. Accade a tutti che, appena ti svegli, le cose nella tua mente siano un po’ confuse. Il sonno è qualcosa di misterioso e, forse, lo è ancora di più il risveglio.
Attimi dopo Enda si ricordò il motivo per cui non poteva essere stata sua moglie a svegliarlo: Gráinne era morta il giorno prima.
Accade. In continuazione. E d’inverno è anche peggio. Ma Gráinne era morta in maniera incomprensibile. Non una ferita, non un parto, non una malattia. Ieri mattina, semplicemente, non si era svegliata.

Il corpo di Gráinne, adesso, era sotto la neve, fuori da casa. Non aveva avuto, Enda, il coraggio di cremarla. Non ancora. Qualcuno diceva che i corpi era meglio seppellirli, invece che bruciarli. Ma adesso il terreno era gelato e la neve conserva: alla fine, semplicemente, un pretesto per non fare niente, per non farla sparire: la neve conserva. Almeno per un po’.
Era stato un riflesso a svegliare Enda. Un raggio di sole che gli si era piantato esattamente negli occhi, infilatosi in uno dei troppi buchi della parete della casa. Enda era sobbalzato e aprendo gli occhi aveva creduto di vedere… Che cosa?
Forse lei era ancora lì, ancora un po’, ancora per un po’? Liath, il gatto, e Fionn, il cane, avevano guaito al suo movimento, sgattaiolando fuori dalla pelliccia sul giaciglio.

Chissà che cosa capiscono gli animali della morte… Ma in fondo, che cosa ne capiamo noi?

Era stato il pugnale di ferro. Che figata il ferro, altro che il bronzo! Il sole che aveva violato la casa aveva sbattuto sul pugnale e, da lì, nei suoi occhi. Così Enda aveva aperto gli occhi, così Enda aveva visto Gráinne. O qualcosa di lei.
Enda ravvivò il fuoco. fece un segno con un po’ di cenere sul punto esatto in cui si trovava il pugnale. Gli era venuta un’idea. Se qualcosa di sua moglie era ancora lì, al mattino, avrebbe trovato il modo di scoprirlo.
Poi uscì a caccia.
Il mattino dopo il coltello era al suo posto. Esattamente come il mattino precedente. Gráinne era ancora sotto la neve. Non accadde niente.
Enda continuò a mettere il coltello sempre nello stesso punto sempre nello stesso modo. Ma non succedeva niente. E poi in Éire piove spesso: c’erano molte mattine in cui non poteva esserci alcun riflesso del sole.

Enda cremò sua moglie. Affidò le ceneri a Boann, che le portò verso il mare, a est. Verso il sole. Ancora, il sole…
Tornò l’inverno. Ormai l’alba era diventata un rito, un’ossessione, per Enda. E quell’ossessione era sua moglie. Enda aveva cominciato a segnare con la cenere, ogni volta che era possibile, il riflesso del sole: c’era uno schema, c’era un senso in quel movimento. Il riflesso stava tornando indietro. Anche sua moglie stava tornando indietro? Sarebbe tornata indietro?

Forse dovevo seppellirla…

Quello doveva essere il mattino giusto. Pioveva. Enda pianse.

Il riflesso tornò ad allontanarsi e poi, pian piano, stagione dopo stagione, ricominciò ad avvicinarsi. Così, quel giorno esatto dell’anno successivo, in una mattina sfolgorante, il sole tornò a colpire gli occhi di Enda esattamente nello stesso modo di quella mattina di due anni prima.

Non accadde niente.

La prima cosa che pensò Enda fu quella di uccidere Liath e Fionn e poi di dare fuoco alla casa facendosi incenerire con essa. Che senso aveva cercare di dare un senso a una cosa nera come la morte? Era stato uno stupido, per due anni.
Ma no. Il sole. Doveva esserci un senso.
Forse doveva ragionare al contrario: la questione non era da dove il sole venisse, ma dove se ne andava. E, poiché non era abbastanza forte, o abbastanza vigliacco, da uccidersi, decise che avrebbe seguito il sole. Prese tutto quello che aveva da mangiare e partì. Certo, probabilmente sarebbe morto ugualmente, ma non sarebbe stato lo stesso: non una morte da vigliacco, ma di un eroe che cercava il luogo in cui andava il sole, perché, era sicuro, se avesse trovato quel luogo avrebbe ritrovato sua moglie.
E allora partì, con Liath e Fionn. Partì seguendo il sole.
La giornata non era ancora arrivata alla sua metà che l’Impresa ebbe il suo primo intoppo.
Fionn si era lanciato dietro a un coniglio e Liath si era lanciato dietro a Fionn. Fionn era tornato indietro poco dopo abbaiando disperatamente.

Non togliermi anche Liath…

Disse Enda, senza sapere a chi si stesse rivolgendo.
Fionn si inerpicò su una bassa collina. Abbaiava disperato attorno a un punto del terreno. Enda, correndo più velocemente che poteva, iniziò a sentire i miagolii: Liath era rimasto imprigionato, forse in quella che era la tana del coniglio. I gatti, esseri folli che guardano sempre soltanto avanti… Liath era stato sfortunato, o forse era stata la foga di Fionn a far cadere i sassi che gli avevano tagliato la strada. E quei sassi, Enda se ne accorse subito, avevano segni che non potevano essere stati causati dalla natura: bianchi e levigati, portavano su di sé delle volute, una spirale. Un segno che somiglia a ciò che ti rimane negli occhi quando cerchi di fissare il sole…

E la direzione, la direzione era quella giusta: qualunque cosa ci fosse lì, era sul cammino del sole.
Che gran figata, il ferro… E in quell’inverno che non aveva visto la neve la terra si sbriciolava veloce. Anche Fionn e Liath scavavano, e Enda sorrideva mentre scavava. Continuò a scavare nei giorni successivi. La collina aveva sotto di sé una caverna, ma non era qualcosa di naturale: in mesi e mesi di lavoro Enda liberò una enorme pietra che era ricoperta di spirali graffite profondamente sul corpo grigio. Quella pietra custodiva dietro di sé una apertura che, Enda lo sapeva, era esattamente in direzione del sole, dell’alba di quel giorno maledetto. Sotto quell’apertura di pietre contrapposte si penetrava fino al centro della collina e, per quanto si fosse, letteralmente, sottoterra, la luce penetrava da quella apertura e Enda lo sapeva che nella mattina giusta il sole, sì, proprio lui, sarebbe entrato in quel buio.

Nei quattro anni successivi, in quella che era la mattina giusta, piovve. Liath e Fionn erano ormai molto vecchi, per essere animali, ma non morivano.

Il quinto anno Enda era al centro della collina quando il sole arrivò.
Non accadde nulla.
Ma, nel sole, Enda vide il volto di Gráinne e, sorridendo, pianse.

Per Máire Grásta uí Rómhar

About maxorover

Ebbene sì. Max O'Rover parla anche Italiano. E in Italiano scrive. Un Irlandese con la geografia contro, ecco chi è Max O'Rover. Il falso vero nome (quindi vero o falso?) di Max O'Rover è, ovviamente, in Irlandese: Mach uí Rómhar. "Rómhar" è il ventre, ma anche il ventre della terra, quello in cui crescono i semi, in cui nascono gli alberi. Mica male per essere uno che non esiste, avere un cognome così evocativo. Prima o poi la scriverò, la vera falsa storia degli uí Rómhar. La storia del perché ci hanno cacciato via. Una storia fatta di boschi sacri che non abbiamo difeso, di maledizioni scagliate contro di noi da Boann. Un pugno di druidi falliti costretti a scendere a sud. Fino a che la maledizione sarà spezzata. Fino a quando potremo tornare. Quando sono in pausa pranzo, ogni giorno, mangio una mela. Non getto mai i semi della mela nella spazzatura. Li getto nel prato. Perché sotto sotto ci credo, alla maledizione. Mi ricordo la maledizione. Ma non ricordo quanti alberi devo far crescere: dieci? Mille? Un milione? Intanto continuo a gettare i semi nel prato, e ad aspettare il ritorno a casa.

Check Also

manchan magan interview - italishmagazine

La “magia” del Gaeilge: intervista a Manchán Magan

Manchán Magan è una voce molto interessante del panorama culturale irlandese, e davvero una voce importantissima sul Gaeilge, il gaelico irlandese. "Thirty-Two Words for Field - Lost Words of the Irish Landscape" è il suo lavoro più recente: lo abbiamo intervistato a proposito del libro e su molto altro Gaeilge ancora!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.