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All Blacks: Non Succederà mai

Flash Fiction ispirata (d)al 6 Nazioni, pubblicata nel 2018 sul sito – non più online – di antonio Tombolini Editore. Episodio 2.

« Troppo forti. » Dice James.
« Troppo. » Risponde Samuel. È d’accordo con James anche questa volta, Samuel.
« Vero Lucia? Troppo forti. Sono meravigliosi. »

Perché James, come sempre, ignora la presenza di Samuel e se deve parlare parla a Lucia: sua figlia, la fidanzata di Samuel. James sa anche che quel fidanzamento non durerà. Sa un sacco di cose, James.

Quando Lucia si accorge che suo padre sta parlando con lei è costretta, non senza disappunto, a distogliere lo sguardo dagli occhi di Samuel.

Anche Lucia sa che quel fidanzamento non durerà. Se sapesse i motivi per cui suo padre crede che quel fidanzamento non durerà, a suo padre Lucia potrebbe dire che sono tutti sbagliati.

È gennaio, fa freddo, e gli occhi di Samuel Beckett sono già quelli attorno a cui crescerà un volto tra i più riconoscibili di quel secolo. Di quel secolo appena iniziato, di quel secolo cominciato veloce, tra aerei e carri armati e lampadine. Lucia se li guarda, se li guarda tutto il tempo, sapendo che non durerà.

« Lucia? »
« Sì? »
« Sono troppo forti. Sono meravigliosi. »
« … »
« Questi neozelandesi, dico. Sono fantastici. Quanta energia! E il loro canto, all’inizio! Meraviglioso! Ho preso appunti, ma devo saperne di più, voglio saperne di più! Per fortuna che zia Margaret è finita proprio in Nuova Zelanda. »
« Pensava di usarla nel Finnegan’s? » Chiede Samuel. Samuel adora James, e si odia per questo.
« Nel Finnegan’s, Sammy? E che ci farebbe una danza tribale nel Finnegan’s? »
« Credevo… »
« Appena torniamo a casa scrivo a zia Margaret. Quanta energia! »
« Io e Samuel rimaniamo fuori… »
« Oh. Certo. Non ho certo bisogno del vostro aiuto per scrivere a Margaret.

È stata una bella giornata. Noi tre, insieme. Peccato che Nora non sia voluta uscire. Come se a Galway l’inverno fosse migliore che qui, a Parigi. Bella partita vero, Sammy? »
« Sì. I neozelandesi sono molto forti. E poi è un gran bello sport, il rugby. Mi verrebbe da dire… »
« Cosa, Sammy? »

« … »

« Avanti, Sammy! Lucia è curiosa di sapere quali suggestioni abbia suscitato in te questa partita. Questo scontro di civiltà con sceneggiatura. Il canto tribale, il silenzio occidentale… Allora? »
« Beh, niente… Il rugby… Il pallone ovale… mi ricordano lei, James. La sua prosa. »
« Cioè? In che senso, Sammy? » James somiglia a uno dei suoi amati gatti, che sta giocando con il topo. Ma James è anche un gran narcisista (del resto anche i gatti lo sono) ed è davvero curioso (del resto anche i gatti lo sono) di vedere dove Samuel vuole andare a parare.
« Il suo uso della sintassi, James. Funambolico, direi. Non le ricorda i rimbalzi della palla ovale? »

James sorride come un gatto satollo. Samuel si accorge adesso, cioè troppo tardi, che avrebbe fatto molto meglio a starsene zitto.

« Solo che io so esattamente dove rimbalza ogni parola. E non è da tutti. Ecco: sono come i neozelandesi. So esattamente dove rimbalza la palla ogni volta. Una roba che all’Irlanda non riuscirà mai. L’Irlanda non vincerà mai contro la Nuova Zelanda. Come la critica, i colleghi, gli scrittori alle prime armi, quelli ancora non nati… Non ci arriveranno mai, a far rimbalzare le parole come faccio io. »

« Andiamo Samuel? » Nel rugby non esiste l’autometa. L’area di meta è un luogo sacro in cui non può accadere niente per caso e l’ovale, se è nelle tue mani, nella tua area, è salvo. Ecco: Samuel, in quel momento, si sente salvato da Lucia allo stesso modo.

« Certo, Lucia. Arrivederci, James, a domani. »
James li saluta con lo sguardo, Samuel e Lucia possono sentire i suoi occhi – e pensare che quasi non ci vede – fissi tra le loro scapole.
« È un bastardo. »
« Tuo padre è un genio, Lucia. »
« È un bastardo. »
« È il più importante scrittore vivente, Lucia. »
« È un porco figlio di puttana. »

« … »

« Falla finita, Samuel. Non sarai mai come lui, e, sai la novità? Questa è la cosa migliore che possa capitarti. Lo vuoi un consiglio? Stai alla larga da lui. Da tutto ciò che è. Da tutto ciò che ha. Perché non ti metti a scrivere in francese? Teatro! Mettiti a scrivere teatro. Così sarai libero, da lui, finalmente. »

« Non ci avevo pensato… Sai che è una buona idea, Lucia? »
« Certo che lo so. E sai che ti dico? »
« Cosa? »

« Che prima o poi l’Irlanda giocherà come e meglio di questi tuttineri. Ci volesse un secolo, l’Irlanda vincerà contro la Nuova Zelanda. Al diavolo quella kamatecosa, al diavolo mia zia! »

About maxorover

Ebbene sì. Max O'Rover parla anche Italiano. E in Italiano scrive. Un Irlandese con la geografia contro, ecco chi è Max O'Rover. Il falso vero nome (quindi vero o falso?) di Max O'Rover è, ovviamente, in Irlandese: Mach uí Rómhar. "Rómhar" è il ventre, ma anche il ventre della terra, quello in cui crescono i semi, in cui nascono gli alberi. Mica male per essere uno che non esiste, avere un cognome così evocativo. Prima o poi la scriverò, la vera falsa storia degli uí Rómhar. La storia del perché ci hanno cacciato via. Una storia fatta di boschi sacri che non abbiamo difeso, di maledizioni scagliate contro di noi da Boann. Un pugno di druidi falliti costretti a scendere a sud. Fino a che la maledizione sarà spezzata. Fino a quando potremo tornare. Quando sono in pausa pranzo, ogni giorno, mangio una mela. Non getto mai i semi della mela nella spazzatura. Li getto nel prato. Perché sotto sotto ci credo, alla maledizione. Mi ricordo la maledizione. Ma non ricordo quanti alberi devo far crescere: dieci? Mille? Un milione? Intanto continuo a gettare i semi nel prato, e ad aspettare il ritorno a casa.

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