Lontano da casa. Ogni mattina, il fosso. La mia vita lavorativa non si determina in spostamenti professionali, ma geolocali. Sono sceso più a valle lungo il fosso. In estate (e l’estate quaggiù dura un sacco di tempo…) il fosso pullula di zanzare tigre. C’è gente che deve anche viverci, accanto al fosso. Il rischio dei topi, le zanzare, il cattivo odore.
D’inverno non c’è il cattivo odore e non ci sono le zanzare.
Anche di topi ce ne saranno meno, immagino. In inverno, dico.
Due mattine fa sono arrivato al solito ponte sul fosso e la mia testa ha visto qualcosa di diverso.
L’acqua era scura e pulita, scorreva verso il mare come se fosse vera.
Come se fosse vera acqua di un vero fiume, non un canale di scolo. Mi ha ricordato un altro ponte e un altro fiume.
Per un attimo mi sono sentito a casa. Non è neanche il fiume giusto, il ponte giusto, il luogo giusto.
Il ricordo è di un altro luogo, sulla costa opposta, a Spiddal.
Ma casa mia è da questa parte, da qualche parte vicina a questo ponte. Con i suoi topi, con il suo inquinamento.
Ma anche con la sua storia, un nome da whiskey e gli ultimi echi di quella lontana battaglia.
L’altro è solo un fosso.
E a qualcuno tocca anche viverci accanto.